Cuore altrove, da Dan Meis all'Europa: come funzionano gli stadi fuori dall'Italia

28/03/2014 22:37

PRIMA PARTE - Germania, Francia


LAROMA24.IT – Da sogno a idea, da idea a progetto: lo , da ieri pomeriggio, ha trovato concretezza. C’erano tutti: le istituzioni (
Marino, Caudo, Pancalli), la Roma (Pallotta e Zanzi, tra gli altri), l’architetto (Dan Meis) e un coordinatore d’investimento (Goldman Sachs). Un video di presentazione, unitamente al plastico svelato a metà conferenza, ha illustrato il progetto iniziale dell’architetto americano: le immagini si sono soffermate soprattutto su quello che sarà l’impianto sportivo vero e proprio, il “giardino” di . Abbiamo imparato a comprendere, però, come in realtà lo stadio sia solo una delle strutture che nascono in un progetto simile: tanti negozi, il Nike Store, il museo della Roma, ristoranti, addirittura un parco a tema targato Disney faranno molto probabilmente da contorno al campo vero e proprio. Di più: oltre al contorno, l’area commerciale di questo polo sportivo rappresenterà una grossa fetta degli introiti che permetteranno di rientrare del corposo investimento (“1 miliardo”, Pallotta dixit). Infine, il punto chiave: le infrastrutture. Come si arriverà allo stadio? La Roma penserà a tutto, è stato detto ieri da Marino. Resta la curiosità di capire come si agisca altre realtà, anche extraeuropee; in Germania, in Inghilterra, in Francia, in Spagna e negli Usa, resta una domanda: come funziona fuori dall'Italia? Come sono stati tirati su gli stadi? Proviamo a fare qualche esempio, partendo proprio dal 'nostro' Dan Meis.

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DAN MEIS, DUE ESEMPI ALTROVE - Dan Meis ha alle sue spalle una carriera ricca di soddisfazioni, personali ed economiche. Ne ricordiamo soprattutto una, il Paul Brown Stadium, casa dei Cincinnati Bengals e uno dei suoi fiori all’occhiello: l’impianto è frutto di un lavoro congiunto con Ron Turner, sua anima gemella alla NBBJ, una delle firms leader nell’architettura a stelle e strisce. Uno stadio che nasce in poco più di due anni (1998-2000)  tra le proteste dei cittadini: per finanziare la costruzione, la contea di Hamilton alza di mezzo punto percentuale la Sales Tax. Il costo di 455 milioni di dollari è sostenuto dall’intera comunità: la franchigia di Cincinnati ha iniziato a pagare l’affitto solo nel 2009, 9 anni dopo l’apertura dell’impianto. Ma non solo: dallo sfruttamento del marchio, dai parcheggi, dai negozi e dai ristoranti la contea ricava ben poco e solo sotto autorizzazione dei Bengals, gestori di fatto di tutta la struttura.

 

 

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Dal 2017, secondo studi del Ny Times, l’impianto costerà alla comunità ben 8,7 milioni annui.  Dal punto di vista architettonico, considerando l’anno di costruzione (2000), si tratta di un’opera senza dubbio avveniristica: uffici amministrativi, 56 stand, 8 negozi, tre campi d’allenamento, un nastro luminoso di 200 metri con tutte le informazioni necessarie intorno all’impianto, due schermi al led per poter guardare sempre l’azione da vicino. Nonostante fosse il 2000, Dan Meis e soci hanno pensato ‘green’: il particolare sistema di manutenzione del terreno risparmia alla contea almeno 100.000 dollari l’anno, secondo le stime della società. Lo stadio fu talmente apprezzato da essere il primo complesso dedicato alla NFL a vincere un premio dall’AIA (The American Institute of Architects, una delle massime autorità nel campo). Il suo vero orgoglio è lo Staples Center di Los Angeles, tempio dei LA Lakers e vincitore di numerosi premi (tra tutti  il “Greatest arena ever built”, nel 2001).

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Il futuro di Dan Meis non è solo targato As Roma. Se il progetto giallorosso è imponente, aspettate di sentire cosa sta preparando a Los Angeles con il Los Angeles Stadium: 600 acri (243 ettari, 2.430.000 metri quadrati) di terreno a disposizione, 75.000 posti a sedere, negozi, ristoranti, teatri e multisala. Chi lo vuole costruire parla di 400 milioni fatturato annuo e quasi 20.000 po e la politica, nella persona dell’ex governatore Schwarzenegger, appoggia questo progetto, eliminando ostacoli di natura

 

 

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burocratica.  Piccolo dettaglio: manca una squadra. A noi sembra paradossale, ma lo stadio non ha ancora un club: negli Usa non è insolito vedere una squadra spostarsi di à e cambiare nome nel corso degli anni; di conseguenza i costruttori dell’impianto di Dan Meis, un unicum vero e proprio nel panorama sportivo americano, sta ancora cercando l’accordo con squadre dentro e fuori la California. La NFL, incredibile a dirsi, manca da Los Angeles da quasi 20 anni. Altro dettaglio, meno piccolo: il costo dell'impianto è di circa 800 milioni di dollari.

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GERMANIA – Stadi, vediamo cosa e come succede fuori dall'Italia. Partiamo dall’Allianz Arena: tirato su in poco meno di tre anni a Monaco di Baviera, l’impianto tedesco nasce con l’assegnazione del Mondiale del 2006 alla Germania. Lo stadio è costato circa 340 milioni di euro, a fronte dei 230 preventivati, mentre per i servizi circostanti c’è stato un investimento di circa 250 milioni: strade, autobus, fermata della metropolitana, piste ciclabili e un imponente sistema di parcheggi (9800 circa, in aggiunta ai 350 per i bus privati). Domanda legittima: chi ha pagato qui? Il conto delle infrastrutture adiacenti è arrivato al tavolo dello stato, ovviamente: vista l’assegnazione della competizione internazionale e i fondi stanziati per la stessa, lo Stato e la à hanno voluto investire su questa struttura.

 

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L’impianto, invece, è stato pagato interamente dalle due squadre di Monaco, Bayern e Monaco 1860.  Ovviamente hanno beneficiato di un finanziamento: in aggiunta a un fondo privato, i due maggiori contribuenti sono stati la Dresdner Bank, in passato al centro di polemiche legate al suo ruolo durante il nazismo, e la Hypothekenbank di Francoforte. Nota a margine: le due banche, le maggiori in Germania, si fondono nel 2001 insieme alla DB per creare la Eurohypo. La costruzione dell’Allianz è stata anche oggetto di osservazione dell’UE: semplificando, un cambio d’uso del terreno ha fatto crollare il prezzo dello stesso da 84 milioni a 14, causando così, secondo le accuse di alcuni parlamentari tedeschi, “un danno enorme allo stato”. Sul nome, brevemente: Allianz si è garantita i diritti per la denominazione dello stadio fino al 2041, ma la Uefa non consente l’utilizzo del nome “sponsorizzato” nelle gare europee. Proprio per questo, durante le partite di , il famoso led esterno viene spento e l’impianto prende il nome di Fußball Arena München. Chiudiamo con la vicenda legata alla proprietà della stessa squadra bavarese, fresca campione di Germania: Allianz ha investito circa 110 milioni per l’acquisto dell’8,3% del Bayern Monaco, consentendo al club di ripianare i debiti causati dall’investimento iniziale per la costruzione dello stadio.

 

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FRANCIA – In Francia, attualmente, c’è solo un vero e proprio stadio di proprietà e ancora deve essere ultimato. Si tratta dello Stade des Lumières (altrimenti detto Grand Stade), il quale ospiterà le partite del Lione, prima di casa al Gerland. La storia dell’impianto francese è decisamente più travagliata di quella del collega bavarese. Si inizia a parlarne già nel 2007, quando viene scelta l’area dove erigerlo: inizialmente prevista a Vénissieux, la costruzione inizia invece a Décines-Charpieu, frazione di Lione a circa 14 km dal capoluogo. Il progetto subisce un’accelerazione grazie alla dichiarazione di pubblica utilità del ministro dello Sport nel 2012: tale scelta viene discussa a lungo, vengono presentate tre denunce (tutte rigettate nel 2012) e molti gridano al conflitto d’interessi tra amministrazione locale di Lione e la proprietà stessa del club francese.

 

 

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Non solo: gli abitanti protestano per l’inquinamento acustico e ambientale che, secondo gli oppositori, avrebbe portato l’impianto, hanno fatto slittare la posa della prima pietra; si creano dei veri e propri comitati di protesta, tra contadini espropriati della loro terra e cittadini imbufaliti, addirittura viene girato un documentario di un’ora circa sull’Olimpic Land. Ma, di mezzo, ci sono gli Europei del 2016, assegnati proprio alla Francia: la politica transalpina ha ovviamente tutto l’interesse per la costruzione dello Stade des Lumieres, come si evince anche dal rapporto Besson inviato all’allora primo ministro Fillon. Notevoli, quindi, anche le implicazioni politiche extra Lione: queste culminano con l’appoggio del partito socialista al progetto con il benestare del presidente Sarkozy e, non da meno, quello di Michel Platini. Si presenta nel 2011/2012 l’ultimo ostacolo per la realizzazione dello stadio: la zona scelta è a rischio sismico 3 (moderato), ma la mediazione del sindaco di Decines pone fine alla questione in breve tempo. La prima pietra viene posata nel novembre 2013, resta da chiedersi solo: come sarà? Grande, prima di tutto: 50 ettari totali (150.000 m²), tra stadio, ristoranti, negozi, campi da golf, piste da bowling, spazi ricreativi, campi di calcetto e addirittura due alberghi. Ultima domanda, sempre quella più importante, anche qui: chi paga? Il costo complessivo dell’opera dovrebbe aggirarsi intorno ai 450 milioni di euro, infrastrutture (strade, mezzi pubblici e piste ciclabili) comprese, con diversi investitori: tra gli altri, spicca la quota di finanziamento di due colossi francesi come il Gruppo Vinci, che si occupa di finanziamento infrastrutture pubbliche come strade, ponti e aeroporti. e la Caisse des dépôts et consignations, istituto finanziario pubblico.

 

Antonio Paesano