La Primavera di Roma

21/03/2012 10:45

Molto meno bene, anzi, male, il gioco. Meglio il primo tempo, peggio il secondo? Io, che non ho obblighi di comunicazione, magari avrei detto così, perché così mi è sembrato e ancora mi sembra. Luis, che qualche obbligo di comunicazione lo ha, ma programmaticamente si rifiuta di comunicare banalità consolatorie, ha evitato ogni diplomazia: male tutti e due. Esagera? Forse sì, ma in questo caso esagerava anche quando elogiava la squadra anche dopo sconfitte che a noi sembravano desolanti, come quella di Firenze. E poi, non è questo il punto. Secondo un signore tedesco di nome Max Weber, che non era davvero un utopista, non si può ottenere il possibile se non si è in caccia dell’impossibile. Bene. Roma – è, al momento, il possibile.

Ma se questa squadra non sognasse l’impossibile e non coltivasse un’utopia concreta, si perderebbe per strada senza riuscire nemmeno a sbroccolare (era già successo sabato scorso a Palermo) partite così. I giocatori, mi pare, lo hanno capito. E almeno per quello che ho potuto vedere lunedì mi pare lo abbia capito anche la gente di stadio, così diversa da quella che le partite le vede in poltrona. Non è una folla indistinta, non è la vivente coreografia di uno spettacolo televisivo. E’ una comunità, al momento non sterminata, di donne e di uomini, di pischelle e di pischelli, che coltiva certo una fede sperimentata nella gioia e (più spesso) nel dolore, ma anche un vigile spirito critico. Alla Roma è legata da un vincolo indissolubile. Ma va pure convinta.

Ebbene, questa Roma, che pure va rafforzata, eccome, per puntare davvero in alto, la stanno convincendo che progetto e proposta sono, almeno in potenza, una cosa seria, non pubblicità a buon mercato. Di questa opera di convinzione un allenatore che parla il linguaggio della verità è un protagonista essenziale. “Rivoluzione” è una parola da usare con le molle, oltretutto sono parecchi anni che non va di moda. Adesso, e proprio in questa à di cui la Roma è er core, una à che non solo nel calcio tutte le ha viste e tutte le ha metabolizzate, sembra tornata in auge. La verità è rivoluzionaria, diceva Gramsci, uno che in carcere, dopo una sconfitta inaudita, su rivoluzione e consenso ragionò assai. Forse, chissà, l’asturiano non lo ha mai letto. Ma si comporta come se lo avesse studiato a fondo.