Cellino: Dietro c’è un italiano

05/02/2011 10:49

l mio americano non era tanto americano visto che solitamente si immaginano pieni di dollari. Quello con cui trattai io dollari non ne aveva». Vincenzo Matarrese racconta con un pizzico di ironia la sua esperienza. La Roma sembra deci samente avviata a finire nelle mani dei «bostoniani». Lui, invece, stava per consegnare il Bari ai texani, quelli col cappellone bianco a falde larghissime: « Firmammo pure un pre-contratto. Ma poi scomparirono ». Thomas DiBenedetto non sarà la riedizione di Tim Barton anche perché del nuovo «padrone » della Roma si sa vita morte e miracoli, mentre i contorni dell’uomo ( e del suo portafoglio) che trattò com Matarrese i contorni sono rimasti sfumati (lo sono a tutt’oggi). «Cosa possono dare gli americani al nostro calcio? I soldi perché dal punto di vista della tecnica gestionale non credo che gli italiani abbiano molto da imparare» , afferma il presidente del Bari. 



CAUTELE - 
Le notizie sono ancora scarne, la compravendita non è sta ta ancora perfezionata. Prevale la cautela. Anche all’ambasciata ame­ricana, anzi soprattutto all’amba sciata americana. Da via Veneto, in fatti, fanno sapere che l’ambasciatore, David Thorne non « rilascia commenti su operazioni finanziarie in corso » .E sulla medesima linea si muove Maurizio Beretta, presidente della Lega di serie A: «Per principio non intervengo mai nelle questioni che riguardano le società. Posso so lo esprimere l’augurio che la vicen da si risolva con la piena soddisfa zione di tutti gli interessati».Da «vicino della porta accanto», si mantie ne sul generico il presidente della Lazio, Claudio Lotito, intervenendo alla trasmissione di Radiodue, «Un giorno da pecora»:«Mi auguro che la Roma vada alla persona più idonea per qualità morali e possibilità economi che anche se queste, da qui a un anno e mezzo, non incideran no più in modo signifi cativo per il fair playfinanziario » .



MENTE ITALIANA - 
Il mondo dei presi denti cerca di capire come nasce e si sviluppa l’operazione. Massimo Cellino, presidente del Cagliari, gli americani li conosce bene: per un paio di anni ha vissuto più a Miami che in Sardegna. Ecco perché è giunto alla conclusione che questa operazione non è tutta farina del sacco americano. Spiega: « Negli Usa ho provato a metter su una squadra di calcio. Ci ho rinunciato perché da quelle parti il pallone non piace e non susciterà mai le passioni che suscita qui da noi. Ecco per ché mi ha sorpreso la notizia della vendita della Roma a un americano. Loro vivono lo sport in maniera diversa rispetto a noi: hamburger, patatine, molto rilassati, non sentono lo stress della partita. Fatico a immaginare che una persona che viene da quelle parti possa calarsi nei nostri panni. Una cosa è certa: gli americani i soldi non li buttano. E io ho la netta sensazione che dietro il progetto americano vi sia una mente italiana, qualcuno che conosce perfettamente il nostro calcio».



RICCHI SCEMI - 
Zamparini non ha peli sulla lingua: «Avrei preferito che la Roma fosse finita nelle mani di un imprenditore della Capitale. Sinceramente credo poco ai capitali che arrivano dall’estero e il motivo di questo scetticismo è molto semplice: noi presidenti italiani siamo gli ultimi beoti disponibili sulla piazza, perché nel nostro calcio i soldi si mettono e non si fanno». Ma c’è an che chi dalla novità è incuriosito. Claudio , amministratore delegato del Lecce, viene dal mondo finanziario, cioè da un mondo in cui i capitali viaggiano da un capo al­l’altro del mondo: «Non conosco le persone, la loro storia imprendito riale, potrebbero però dare una spinta alla trasformazione delle so cietà di calcio in vere e proprie media- company. Almeno i programmi mi sembrano essere questi. Bisogna anche dire che nel calcio puoi ela borare i più bei progetti del mondo ma poi per farli camminare servono successi e investimenti».