26/07/2014 23:56
In campo è impossibile ignorarlo. Un po’ per quella criniera stravagante, acconciatura sempre più diffusa, lanciata da Neymar. Ma soprattutto perché nei piedi ha la dinamite. Al Mondiale in Brasile quindi, non poteva che entrare come un tuono, nella seconda frazione di gioco contro il Portogallo. Su e giù per la fascia, grinta, corsa e velocità. Ragazzo determinato di Seattle, che alle uscite con gli amici ha sempre preferito il duro allenamento. “Al momento, ci sono centinaia di giocatori più forti di me. Mi alleno 12 ore al giorno, perché per essere il migliore bisogna lavorare duro”. La prima esperienza giovanile a 11 anni con l’Emerald City FC, prima di passare all’academy dei Seattle Sounders nel 2010. Poi il college ad Akron (città di LeBron James), come in ogni sport a stelle e strisce, dove l’educazione non viene trascurata per nessun motivo al mondo. Due anni di studio e divertimento, poi il ritorno ai Sounders (tra le file degli U-23), come primo giocatore “homegrown” nella storia del club. Nel 2013, a soli 20 anni, viene promosso in prima squadra, firmando il contratto da pro. Stesso contratto che lo ha classificato come giocatore meno pagato di tutto il Mondiale, con un guadagno netto vicino ai 45mila euro l’anno. Ma quando sopravvivi al “Girone della Morte” con la sicurezza di un veterano, le cose non possono che cambiare. E’ arrivata la Roma, nel genio del Walter Sabatini pigliatutto. Che con 5 milioni di dollari lo ha strappato a Genoa, Inter e Napoli, “parcheggiandolo” per un’altra stagione ai piedi dello Space Needle. Costo importante per un ragazzo che ha da poco compiuto 21 anni, ma che può già vantare due apparizioni tra le All Star della MLS. Primo rookie a diventarlo, nel 2013, quando venne chiamato a rappresentare il top del calcio americano, in amichevole proprio contro i giallorossi (senza però scendere in campo).
Appuntamento rinviato al 2015 – secondo prodotto USA nella città eterna, dopo il centrocampista Bradley. Il presidente Pallotta lo aveva annunciato, senza però farne il nome, quasi per scaramanzia. Anche perché il suo acquisto, nei primi di luglio, sembrava una formalità. E’ slittato fino a due giorni fa, dopo vari colloqui tra il suo procuratore e altri club europei. Terzino destro reattivo e di grande spinta, che la Roma ha voluto a tutti i costi – forse anche per questioni legate al marketing. Ma le qualità di Yedlin, cresciuto con i nonni, con origini sparse in ogni angolo del mondo (africane, lettoni, nativo-americane e dominicane), sono indubbie.
Un difensore con spiccate doti offensive, perfetto per il gioco di Rudi Garcia. Si è innamorato del soccer guardando lo zio dagli spalti, e come in un film, la situazione si è meravigliosamente ribaltata. Abbiamo parlato della sua rapidità impressionante e del suo brio in attacco, ma il miglioramento più netto è arrivato sotto l’aspetto tecnico. I suoi cross (da sempre il suo tallone d’achille) al bacio nel sofferto match d’eliminazione contro il Belgio ne sono la riprova. Di un ragazzo che punta esclusivamente a migliorarsi giorno dopo giorno. Non segna molto (3 gol in due stagioni), ma la sua propositività e il suo sacrificio in entrambe le fasi è ammirevole. Alto 1,73m per 68kg, la statura è probabilmente la sua più grande vulnerabilità – nei contrasti aerei come in difesa. Dovrà adattarsi presto perché in Serie A non si scherza, ma DeAndre ha la corazza dura e lo ha dimostrato in Brasile. Di chi in campo si sente libero e non ha paura delle critiche. E’ rimasto con i piedi per terra dopo il Mondiale e dovrà fare lo stesso in una piazza esigente come quella di Roma. Rinunciando alle feste e alle tentazioni del denaro. Concentrato per essere il migliore, nell’ambizione che non ha mai mollato…
(gianlucadimarzio.com)