Elogio di Zenga. E' tornato il bullo

25/11/2008 18:56

IL GIORNALE -

È l’ossessione dell’uscita, forse. Lo perseguita da sempre: gli hanno fracassato l’anima per una vita con questa storia. Varriale è l’ultimo. I cross: «Vai Walter, anticipa». Zenga arrivava in ritardo e tornava il ritornello: «Non sa uscire». Un mostro tra i pali, uno capace di toglierti il pallone dalla casetta, ma di bucare come un pollo un banale traversone. Caniggia è l’incubo vero. Perché è stata quella sera di che ha sempre alimentato le cattiverie. Mondiale ’90, non aveva preso neanche un gol. Quello fu il primo: di nuca, vigliacco, bastardo. Al buio, coi suoi pugni sopra la testa bionda di quell'argentino e sopra anche quella di Riccardo Ferri. Errore. Lui non ha mai accettato: «Solo Maradona ha capito tutto. Perché lui conosce il calcio: la verità è che è stato bravo Caniggia. È riuscito ad anticipare la mia idea di anticipare lui».

L’unica volta nella vita in cui non ha parlato semplice è stato per nascondere lo sbaglio. Questo è stato il suo peccato: non ammettere. L’avesse fatto non sarebbe stato Zenga: Walter era l’Uomo Ragno, il bullo di viale Ungheria, il re della Milano boriosa degli anni Ottanta. Era la catenina fuori dalla maglietta, da baciare per ostentare un’appartenenza, era il ciuffo che cadeva sull’occhio, il sorriso da divo di Cioè, la gomma masticata in faccia al mondo. Coraggioso e presuntuoso, sfrontato e folle. «Io non ce l’ho con i settemila giornalisti sportivi che ci sono in Italia ma con quei quattro-cinque che mi odiano. Io accetto le critiche, mai la malafede». Sempre un nemico, per Walter. Una volta era Pagliuca. Più di Tacconi, perché quello prese il suo posto all’Inter e pure in Nazionale. Gianluca soffriva Zenga, la sua popolarità, la sua sfacciataggine. Poco tempo prima gli avevano chiesto se invidiava qualcosa a Zenga: «Dimostra la sua bravura quando è davanti a una telecamera». Mezzo complimento e mezza provocazione. Poi c’è stato Sacchi, che lo mise fuori dalla Nazionale. Zenga reagì alla notizia con il suo sorriso da paraculo: «Hanno ucciso l’Uomo Ragno».