Il messaggio di Peruzzi: “Lasciamo emergere il potenziale dei giovani”

02/12/2008 18:37



Il vissuto del , l’esperienza pratica sul campo, il ruolo dell’allenatore nella fase delicata della formazione di un giovane. Su queste linee, introdotte dal coordinatore dello stage Antonio Rocca (secondo di Casiraghi nell’Under 21 e tecnico dell’Under 16), Peruzzi ha messo a disposizione il proprio contributo di atleta di alto livello internazionale, assieme a tre grandissimi interpreti del ruolo e tecnici di valore come Ivano Bordon, Luciano Castellini e Andrea Pazzagli. “Innanzitutto bisogna sfatare il luogo comune che vuole il impermeabile a qualsiasi situazione – ha esordito Peruzzi - nessun è freddo o indifferente a ciò che accade in campo, un errore può condizionarti per un’intera partita. La cosa importante è non trasmettere alla squadra il proprio eventuale stato di tensione, il modo per farlo è soggettivo e variegato. A Parma con la
, incassai una punizione di Chiesa che mi passò tra le mani ed entrò in rete – ricorda l’ex numero 1 azzurro – un errore che accusai, ma verso il quale reagii iniziando a dare ordine alla difesa, senza pensare a quanto accaduto se non alla partita, alla palla e ai compagni”.

L’aspetto psicologico individuale dunque riveste un ruolo chiave nel bagaglio tecnico di un . “Il nostro ruolo in una squadra è molto difficile, il più difficile – ha sottolineato Ivano Bordon, della Nazionale A - però può dare notevoli soddisfazioni. Nella fattispecie di un gol subito su un errore evidente, ti senti solo e frustrato. È importante guardare oltre perché l’intervento successivo ti può aiutare. Queste situazioni si superano solo con l’esperienza e fanno parte di un percorso di formazione complesso”.

“Bisogna ricostruirsi perché è difficile affrontare un pezzo di partita con un errore addosso – ha aggiunto Andrea Pazzagli, dei portieri nel Club Italia – personalmente avevo individuato e innescato un meccanismo efficace di rimozione, immaginando che esistesse solo il presente”.

E Castellini aggiunge: “Io la partita invece la vivevo malissimo, smettere di giocare per me è stata quasi una liberazione. Quando scendevo in campo bluffavo, mascheravo la tensione con l’esuberanza, per questo mi chiamavano ‘il giaguaro’. Ma in Nazionale ero contento di fare la riserva a Zoff, per il carattere che avevo. Voi avete un vantaggio rispetto ai nostri tempi: avete un tecnico specifico, noi eravamo il prodotto di noi stessi”.

Fondamentale il ruolo dell’allenatore dunque, non solo sotto il profilo dell’impostazione tecnica di base, ma anche sul piano motivazionale e nel processo di costruzione della personalità di un “Un tecnico dovrebbe cercare di far pesare meno possibile l’errore a un giovane – dice Peruzzi- non sostituirlo se sbaglia, ma fornirgli invece supporto morale e fiducia. Chiaro che nelle grandi squadre, dove il risultato è alla base di tutto, è naturale che subentrino altre considerazioni. Ma, se si intravedono delle potenzialità in un giovane, bisogna lasciarlo tranquillo e farlo lavorare bene per evitare condizionamenti e vizi che in età adulta saranno difficili da correggere”.



“Ho fatto errori di tutti i tipi – aggiunge Castellini - però me li hanno sempre perdonati, un insegnamento che ho applicato quando sono passato ad allenare. Ho avuto grandi portieri, ma non mi sono mai permesso di dire loro ‘hai sbagliato’, lo sapevano da sé. È un lavoro che va fatto sul piano personale. Dovete mettere in preventivo tutto e trovare il coraggio dentro di voi”.

L’aspetto tecnico e il ruolo che le società devono assumere nel processo di formazione sono elementi centrali, come sintetizza ancora Ivano Bordon: “E’ fondamentale l’indirizzo tecnico da trasmettere nei settori giovanili. Penso che un giovane debba giocare con continuità per fare esperienza, sbagliare ed entrare in queste situazioni. Ritengo che un approccio corretto debba prevedere una fase di apprendistato più o meno lunga, che dia poi spazio a un momento di riflessione necessario a metabolizzare l’esperienza acquisita”.

Un’esperienza che, negli ultimi anni, sembra essere diventata un fattore discriminante per i giovani interpreti del ruolo italiani. “Ai tempi del mio esordio in A non c’era questa situazione asfissiante - ricorda Peruzzi - È una questione di valore economico e di raggiungimento dell’obiettivo che ciascuna società si prefigge, ma anche di un’esterofilia che in Italia ha raggiunto aspetti surreali”. In conclusione, prima di tornare al lavoro pratico sul campo, Peruzzi lancia ai giovani due messaggi telegrafici quanto efficaci e per niente scontati: “Mai avere la paura di sbagliare, ma assumersi la responsabilità di guidare la difesa. E poi l’educazione: perché far parte di una squadra significa innanzitutto rispetto dei tecnici, dei compagni e degli orari”.