La stupenda favola di Picchio e quel doloroso addio da Roma

02/04/2009 16:46

Il libro di cui stiamo parlando ha un fascino particolare perché profu­ma di famiglia, una tipi­ca famiglia romana del buon tempo antico: non­no Romolo (e come altro si poteva chiamare?) che ha lasciato ben 83 volu­mi di ritagli di giornale, “tutti rigorosamente rile­gati”, sulle imprese com­piute da suo figlio; papà Giancarlo raccontato nei 19 anni di luminosa car­riera calcistica; e final­mente l’autore del libro, il nipotino di Romolo e fi­glio di “ Picchio”, Marco che attualmente fa anche l’osservatore per conto del Manchester United, il club allenato dal vec­chio, coriaceo Ferguson.

Il protagonista del libro nasce nel vivaio romano e intraprende nelle file della squadra giallorossa una specie di meraviglio­so percorso di guerra che culminerà in una serie incredibile di conquiste: campione d’Europa nel 1968, campione d’Italia nel 1969, vice- campione del mondo a à del Messico nel 1970, più due Coppe Italia, una Coppa delle Fiere, una Mitropa Cup, 478 presen­ze in campionato, 29 in Nazionale, una sola gior­nata di
( una sola in 19 anni) per un commento negativo sul­l’arbitro dopo una Ca­gliari- Roma. Gli amici lettori capiranno, a que­sto punto perchè, il vec­chio cronista ebbe a scri­vere allora che in De Si­sti “si esaltano le doti mi­gliori del professionista, al quale gli elevati gua­dagni e la straripante po­polarità non impedisco­no di conservare la mo­destia, la serietà, l’appli- cazione che il mestiere esige”.


In verità, a proposito di “Picchio' ebbi a scrivere anche qualcosa d’altro e di ben più polemico nel­l’estate del 1965. La po­lemica, beninteso, non era indirizzata contro il giocatore ma contro i di­rigenti della Roma che in quei giorni stavano trat­tando sotto traccia la cessione alla del giocatore che, dopo Bernardini, Amadei e Lo­si, rappresentava il me­glio della tradizione gial­lorossa. Era accaduto che il presidente Marini Dettina, generosissimo nel finanziamento della società fino al punto di ri­schiare la rovina del suo cospicuo patrimonio, aveva finito per rasse­gnare le dimissioni pas­sando la mano ad un par­lamentare democristia­no, Franco Evangelisti, braccio di Andre­otti, tifosissimo della Ro­ma ed abile come un pre­stigiatore: un tipo genia­le ma, purtroppo, non in grado di fronteggiare i guai del bilancio.


Nonostante le smentite e le serenate, fu sempre più evidente che il club non aveva la possibilità materiale di trattenere il suo migliore giocatore, per il quale si stavano fa­cendo avanti la Fiorenti­na e le grosse società del Nord. Noi del “ Corriere' ed ancor più i nostri let­tori eravamo sui carboni ardenti ed allora il sotto­scritto se ne uscì con un editoriale in cui minac­ciava di “ sparare dai tet­ti' se il presidente Evan­gelisti avesse ceduto alla sirena viola il suo gioiel­lo. Naturalmente, ci vole­va altro che questa spac­conata per spaventare il braccio di Andre­otti: ci volevano soprat­tutto i 250 milioni che il presidente della Fiorenti­na sborsò per assicurarsi Picchio.


Fu una perdita molto dolorosa per tutto il cal­cio romano, e meno male che consentì a Giancarlo di raggiungere tutte le mete che poteva prefig­gersi, e credo che nessu­na fotografia sintetizzi meglio il gran traguardo finale della sua carriera come quella in cui, nella semifinale del 1970 con­tro la Germania, abbrac­cia Rivera autore dello splendido gol che ci asse­gna la vittoria in quella storica, indimenticabile partita tramandata dai messicani con una lapi­de sulla parete dello sta­dio Azteca.

Marco De Sisti - “Giancarlo De Sisti campione e gentiluomo'.

A cura di Mario Corte. Editore Reality Book, Roma. 255 pagine, 16 euro.