04/05/2012 22:05
Ricapitoliamo. I tifosi del Grifone interrompono la gara col Siena, chiedendo ai (loro) giocatori di togliersi pubblicamente la maglia. Alla gogna mediatica, segue la sanzione sportiva: due giornate tra le mura amiche, a porte chiuse. Per protesta e militia olistica, gli ultrà annunciano di presidiare ugualmente lesterno di Marassi. Allora il problema non è più di curva, ma diventa di piazza. Apriti cielo. Montano polemiche: sigle sindacali di Polizia si scambiano accuse, sotto botta lUfficio di Gabinetto della Questura ligure. Risultato? La Lega di Serie A dispone in serale la (programmata) partita pomeridiana e casalinga del Genoa col Cagliari (causa contemporaneità con Fiorentina e Lecce), confermando le porte chiuse, ma nello Stadio Mario Rigamonti di Brescia, anziché nel Luigi Ferraris di Zèna. Motivo? Rischi dordine pubblico in uno stadio senza pubblico.
Perché? Semplice, siamo alla psicosi collettiva, allagorafobia, al punto più basso della sindrome della paura. Ci troviamo nel mezzo di un cervellotico rompicapo, in fuga dalla realtà: i tifosi imprimono angoscia anche quando cè la certezza che (sulle gradinate) di tifosi non ci sarà nemmeno lombra. Insomma, gli assenti presenti spaventano come e quando, anzi, più di quando sono presenti. Ecco spiegato larcano dellespatrio a Brescia e labbandono di Genova per una gara a porte chiuse.
Capite? Tutto questo accade nelletà della Tessera del Tifoso, strumento che monitora e filtra il botteghino con la black list. E allora: come si può positivamente ripensare una Fidelity Card se siamo sempre al punto di partenza? Ormai nei nostri stadi di calcio, niente e nessuno sono più in grado di garantire per lincolumità di nessun altro. Dentro e fuori gli stadi, siamo tutti potenzialmente e costantemente in pericolo, come in bilico sulla lama di un rasoio, nel limbo dellinsicurezza. Solo così si può spiegare il ricorso allemergenzialità per amministrare lordinario e il fatto che le criticità sono affrontate col coprifuoco. Certo, la questione è diversa dalle brutture del passato, molti vuoti (legislativi) sono stati riempiti. Ma oggi, nonostante tutto, viviamo una fase di avvitamento, uno step culturalmente involuto, regredito anche rispetto alle politiche censorie del 1985 (Juve in Coppa Campioni a porte chiuse a Torino per lHeysel), del 2007 (morte Raciti, esilio trimestrale del Catania a Cesena e Lecce senza tifosi) e del 2008 (Roma-Cagliari a Rieti a porte chiuse), pur sapendo che, dai prossimi calendari, ci troveremo alla terza stagione consecutiva del proibizionismo (necessario) da stadio.
Domanda: dopo Brescia, cosaltro deve accadere per capire che bisogna invertire la rotta? A che serve la Tessera del Tifoso se il Prefetto di Genova è costretto a chiedere un campo neutro, per motivi di ordine pubblico, anche quando non cè pubblico?
Spesso, malcostume notoriamente italiano, si abusa delletichetta Modello inglese per dire che una soluzione radicale ed efficiente esiste, come se dal Taylor Report al Football Disorder Act la pubblica sicurezza britannica sia riuscita a debellare la piaga dellhooliganismo. Sbagliato, o vero che sia, ammesso e non concesso che il nostro fenomeno degenerativo sia uguale al loro, non è completamente vero. Infatti ci si scorda che i bobbies continuano a tentennare. Dove? Non più dentro i teatri del football, ma fuori gli stadium, nelle zone limitrofe, nei pub, nelle piazze, nelle uscite delle metropolitane. Esattamente dove, inequivocabilmente, si posiziona lazione politica di Genoa-Cagliari a porte chiuse e a Brescia per motivi di ordine pubblico (senza pubblico). Perché dagli spalti, lo spauracchio si sta lentamente spostando in piazza. Non resta che il coprifuoco.
P.S. (sta per Post Scriptum, che avevate capito?). Dimenticavo: sapete ieri sera doverano i tifosi genoani mentre i rossoblù sconfiggevano i sardi? Armati di radio e pay per view, se ne stavano a casa, al bar e davanti ai maxi schermi (per giunta in un museo!) per seguire la diretta. Mamma mia che paura