8 maggio 1983: 30 anni fa il trionfo della zona di Liedholm

08/05/2013 17:33

Quel che è diventato pane quotidiano per gli allenatori contemporanei, allora era una novità assoluta in Serie A. Quando tutti (o quasi) erano ancorati a un calcio a uomo, con marcature rigide, la Roma di Liedholm adottò questo sistema di gioco moderno che prendeva spunto dalle innovazioni introdotte negli Anni Settanta dall’Olanda e dall’Ajax di e con Johan Cruyff.

La formazione tipo recitava: Tancredi in porta, difesa a quattro con due terzini di spinta (Nela a destra e Maldera a sinistra) e due difensori centrali diversi: il marcatore Vierchowod e il libero “ragionatore” Di Bartolomei, inventato da Liedholm al centro della retroguardia per creare superiorità numerica a centrocampo, sfruttando al meglio le sue qualità di (ex) regista. A centrocampo tre mediani di qualità e quantità come Prohaska, Falçao e . In avanti Conti, Pruzzo e Iorio. Un paragonabile al di Guardiola, per fare un esempio vicino, con ruoli non rigidissimi. Non a caso, un’arma comune alle due squadre era/è il possesso palla: la “ragnatela” di Liedholm e il “tiki-taka” di Guardiola.

I numeri al termine di quella stagione recitarono: Roma prima con 43 punti in 30 incontri. Miglior difesa con 24 gol subiti e secondo miglior attacco con 47 reti realizzate. Il sistema di gioco della Roma all’inizio fu accolto dallo scetticismo generale, ma alla lunga in tanti furono costretti a ricredersi. In uno speciale “Roma scudetto” de “Il Corriere dello Sport” di quell’anno vennero riportanti i pareri dei tecnici italiani, avversari dei giallorossi in quel campionato.

A cominciare da Giovanni Trapattoni, allenatore della che si classificò seconda. Il “Trap” alla fine riconobbe grande meriti al “Barone” e alle sue idee: “Non ci sono dubbi che lo scudetto della Roma è un avvenimento importantissimo – disse – Il gioco della Roma ha fatto molto discutere. In effetti, ha rappresentato una novità, anche se da molti anni il calcio italiano si è evoluto, applicando un sistema zona-uomo, che mi sembra abbia dato risultati anche a livello internazionale”.

Pure Giancarlo “Picchio” De Sisti, tecnico della , si inchinò: “La vittoria della Roma è la vittoria di una mentalità nuova; finora si pensava che soltanto giocando a uomo, con marcature rigide, si potessero conquistare certi traguardi. Con la zona di Liedholm tutto questo non ha pià ragione di esistere”. Concetti simili furono espressi anche da Rino Marchesi e Osvaldo Bagnoli, rispettivamente di Inter e Verona: “Sono tre campionati che la Roma ha fatto ad alto livello – le parole di Marchesi – con un gioco nuovo almeno per l’Italia. La zona è la miglior espressione del calcio”. “La Roma è campione d’Italia per la sua regolarità – l’analisi di Bagnoli – Ha un gioco particolare. E ha dei giocatori come Falcao e Conti inimitabili”.

Ancor più perentorio il pensiero di Luis Vinicio (Pisa): “Questa affermazione porta qualcosa di nuovo nel calcio perché la Roma l’ha raggiunta praticando quel gioco a zona che è stato sempre ripudiato dagli allenatori italiani. Così in futuro si potranno rivedere certi accorgimenti tecnico-tattici”. Infine, la “benedizione” di Carlo Mazzone (Ascoli): “La Roma ha vinto con merito e ha presentato novità interessanti. Senz’altro da seguire”. Non fu soltanto uno scudetto strameritato, fu tanto di più.

Tiziano Riccardi

(asroma.it)