24/10/2013 16:44
Quaranta anni: sono tanti o pochi?
Una via di mezzo. Non mi piacciono le vie di mezzo ma ancora ho un po' di tempo davanti ed è stato tanto bello dietro. Non mi piace parlare del passato, mi sono goduto tante cose, la metà a Roma perché sto qui da 17 anni. Grazie a questa città, ai tifosi, al presidente Sensi
Sono passati quasi 5 anni dalla tua partita di addio: ti manca il calcio?
Ufficialmente ho lasciato il calcio nel 2006-07, ufficiosamente nel 2003, 2004, 2005 ma già quando sono andato via da Roma avevo staccato con la testa. Come tutti i mestieri, si fa quando c'è ancora la passione e la voglia. Poi ho riprovato, e ancora oggi è la mia passione, ma avevo smesso prima con la testa.
Ti manca il calcio?
Il calcio è stata la mia vita. Non mi manca, con gli amici gioco una volta a settimana e mi diverto lo stesso, come prima. Vado allo stadio e vedo i miei colori, la mia squadra. Mi sono adattato alla mia nuova vita.
Nove anni dalla tua ultima stagione alla Roma ma i tifosi ti ricordano ancora con affetto
Ringrazio tutta la gente. E' vero, ho avuto sempre un ottimo rapporto con la gente, con i tifosi. Nulla accade per caso, ho anche seminato bene. L'uomo va al di là del giocatore: a Trigoria era difficile che non mi fermassi sia prima che dopo l'allenamento, perché sono fatto così. I tifosi hanno capito che anche io sono legato a loro e a questa città. Sono quasi venti anni che vivo qui. I miei figli sono nati qui, mia moglie è di Roma. Nel mondo del calcio ci sono tante chiacchiere e pochi fatti.
Cosa ti ha colpito di Roma?
La conoscono tutti. La generosità di questa città è immensa, come il casino, ma questa è la bellezza di Roma e la sua gente. Quello che ho apprezzato in questa città non lho trovato da nessunaltra parte. Mi ha colpito molto.
Cè qualche scelta del passato che cambieresti?
Il giorno della partenza, quando sono andato via da Roma. Ho pensato che da unaltra parte mi poteva tornare la passione che avevo trovato qui. Invece ho fatto altri due anni e poi ho smesso. Ma ero giovane e più incosciente...
Com'è entrato il calcio nella tua vita?
Da bambino, da quando avevo 5 anni sono stato sempre con il pallone. Sono cresciuto così, non con l'idea di giocare con la Roma perché non pretendevo tanto. Ho vissuto giorno dopo giorno, non mi facevo troppe domande. ma dopo un po di tempo mi sono detto "Sono arrivato bene". Ora sto bene a Roma ma non dimentico le mie radici.
Perché lItalia e perché la Roma?
Quattro anni al Guingamp. Mi ha contattato Bianchi e Di Martino, abbiamo parlato e il campionato italiano allora era il più bello, duro, ricco e affascinante. Arrivare nel calcio italiano era il top e ho fatto di tutto per soddisfare il mio desiderio di venire a Roma.
Candela alla Roma è stata la cosa migliore che Bianchi ha fatto alla Roma..
A Roma lui non ha fatto bene, ma anche lui è nel mio cuore. Lui mi ha scelto e io ho risposto subito presente. Diciamo che anche lui non ha fatto benissimo alla Roma...
Il primo impatto con Roma?
Ero giovane, avevo 22 anni. Mi sono adattato facilmente. Era un periodo un po difficile perché non facevamo molto bene, ma ho conosciuto tanta gente importante anche a livello mondiale. Piano piano ho iniziato a capire certi valori del calcio italiano. Il secondo anno è arrivato Zeman ed è andato poi molto bene.
I giornali ti davano per partente prima dello scudetto del 2001. E vero?
Era vero sì. Perché Zeman non mi voleva più, litigavamo spesso, se non ogni giorno. A un certo punto lui preferiva che io andassi via, io poi non trattenevo le parole. E giustamente la Roma mi ha messo sul mercato.
Capello ti ha trattenuto quando avevi portato le bottiglie per festeggiare la tua partenza
Era per ringraziare.. Non volevo festeggiare una mia partenza, volevo solo ringraziare. Non volevo partire di notte. Era per ringraziare dellesperienza fantastica. Poi è arrivato Capello e mi ha detto di non andare.
Qualcuno è scappato via di notte da Roma...
Non è nella mia natura. Era un modo normale per salutare. In tre anni di Roma ero cresciuto tanto, poi è arrivato Capello e mi ha voluto tenere.
Prima dello scudetto del 2001 quanto pensavate di poterlo vincere?
La squadra era molto forte. Cafù, Batistuta, Montella... e poi il Capitano. Avevamo la consapevolezza di essere forti ma poi è il campo a dire come stanno le cose. Era un gruppo di uomini veri. La panchina ha dato un grande contributo alla vittoria di quello scudetto. Era un gruppo unito e questo fa la differenza.
Hai dormito prima di Roma-Parma?
Poco. Anche se sono uno abbastanza sereno, mi metto poche pressioni. Quella sera abbiamo parlato fino a tardi, era difficile pensare ad altro. Mi ricordo la giornata molto faticosa.
Quella Roma lanno dopo lo scudetto ha vinto troppo poco?
Potevamo vincere anche lanno dopo. Avevamo fatto anche due/tre acquisti importanti. Forse mentalmente ci siamo rilassati, perché non abbiamo festeggiato una sola sera. Potevamo vincere e ci è mancato poco.