08/10/2014 16:16
«La vicenda Tavecchio? Chi stava nell'ambiente sapeva perfettamente cosa sarebbe successo. Ho letto varie dichiarazioni e mi sento di condividere chi dice: 'tutti sapevano tuttò, e questi 'tuttì sono quelli che sono andati al voto e che, malgrado sapessero che questo sarebbe successo, hanno ritenuto che era giusto votare per Tavecchio. La domanda va girata a queste persone». Il presidente del Coni, Giovanni Malagò, commenta così la vicenda dei sei mesi di stop al presidente della Figc decisi ieri dall'Uefa. «L'elezione è stata assolutamente democratica, evidentemente non hanno ritenuto che il fatto potesse essere penalizzante per il proseguio dell'attività di Tavecchio. Io come presidente del Coni di questa cosa, può piacere o meno, ne devo solo prendere atto perché il Coni può intervenire se una elezione non è stata regolare, se ci sono delle gestioni non fatte bene, per problemi di natura finanziaria, se non funziona la giustizia sportiva, per tutto il resto dobbiamo prenderne atto senza essere falsi», aggiunge.
La decisione annunciata ieri dalla Uefa «non penso possa indebolire il calcio italiano, c'è un problema di immagine ma si tratta di un prezzo che nel mondo del calcio tutti sapevano perfettamente. Questa situazione è la conclusione della famosa frase, adesso quello che conta è fare bene e proseguire in quel percorso che è stato annunciato», ha concluso Malagò.
(adnkronos)
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«Ho letto le dichiarazioni di Pallotta, applausi sotto tutti i punti di vista. È stata una lezione di stile, magari qualcuno si aspettava che reagisse in un altro modo». Il presidente del Coni, Giovanni Malagò, commenta in questo modo le parole di ieri del presidente giallorosso che aveva invitato tutti alla calma dopo le polemiche per il match Juve-Roma di domenica.
Sul fatto che il big match abbia portato a due interrogazioni parlamentari e a un'altra all'Unione Europea, il numero uno dello sport italiano, riferendosi alla cultura sportiva nel nostro Paese aggiunge: «È l'Italia. Però come sapete io da sempre dico che siamo un Paese con una scarsissima cultura sportiva, non essendoci questa base tutti si sentono legittimati a pensare male, a sospettare, a pensare a congiurare e comportamenti scorretti, e questo è il risultato. Magari in un Paese molto evoluto come l'Inghilterra non ci sarebbe stato questo tipo di situazione ma forse sono abituati in un modo diverso».
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