21/11/2015 14:55
CORSPORT - Carlo Ancelotti si racconta in un'intervista realizzata dall'ex sindaco di Roma Walter Veltroni. L'ex tecnico di Milan, PSG e Real Madrid, campione d'Italia con la Roma nella stagione 1982/83, ricorda la sua esperienza agli ordini del 'Barone' Nils Liedholm: «Giocavo centravanti e Liedholm mi spostò a centrocampo, dove mi sentivo meglio. Lui era un grandissimo personaggio. Mi aveva preso molto a cuore, perdeva molto tempo con me. Mi dava consigli tattici, tecnici, umani. Aveva una formidabile ironia. Sapeva togliere tensione e pressione alla squadra. Varrebbe la pena di spiegarlo agli allenatori di oggi, che vivono febbrilmente, sotto una serie di sollecitazioni fortissime e spesso sono condizionati dal clima psicologico dei giornali e delle città. Con lui non c’erano orari rigidi. E penso che sia giusto non trasformare una squadra di calcio in un esercito. La disciplina va bene ma se è fondata sulla responsabilità dei singoli e non solo sulle multe. Liedholm era capace, se avvertiva un eccesso di tensione nello spogliatoio, di far raccontare una barzelletta al medico... Sicuramente è l'allenatore da cui ho imparato di più, soprattutto sul piano psicologico e caratteriale. Da Sacchi ho imparato molto dal punto di vista tecnico».
Ancelotti poi ricorda il suo arrivo nella capitale: «La città era meravigliosa e il clima dei tifosi fantastico. Quando scesi dal treno presi un taxi per andare alla sede. Una volta arrivato feci per pagare ma i tifosi cominciarono a insultare il povero tassista, dicendogli che non doveva farsi dare i soldi, che doveva sicuramente essere un laziale. Sono stati anni bellissimi. Eravamo un gruppo fantastico. Con quasi tutti sono rimasto amico. Ho grandi ricordi di quegli anni, peraltro stagioni di scudetto e altro». Due rimpianti in quegli anni in giallorosso: «Non riuscii a partecipare ai mondiali di Spagna nel 1982 e alla finale di Coppa dei Campioni con il Liverpool all’Olimpico. La vidi dalla tribuna e soffrii tanto per quella sconfitta. Che secondo me è nata da un eccesso di pressione della città e dalla sicurezza del risultato che si era diffusa in quei giorni. Quel rigore non calciato da Falcao? I rigori li tira chi se la sente. Non è un fatto tecnico, è un fatto psicologico. Quando mi chiedono se ci alleniamo per i rigori io rispondo che non riuscirei mai, in allenamento, a ricreare il clima che si determina in campo dopo una partita e i supplementari. Non posso sapere come staranno, in quel momento, i miei giocatori».
In conclusione, Ancelotti parla del suo futuro dopo le esperienze sulla panchina di Paris Saint Germain e Real Madrid. «Se mi piacerebbe allenare la Roma? Sì, moltissimo, è una squadra che amo in una città che amo. Anche il Milan allenerei volentieri, anzi mi avevano chiamato ma dovevo fare un’operazione alla cervicale e ho preferito fermarmi un anno. Sono felice di averlo fatto, ne avevo bisogno. Non ho fretta e, sinceramente, ora non prenderei in considerazione ipotesi di ingaggi in corso di campionato. Ne riparliamo a fine stagione per impostare bene una nuova avventura. Anche all’estero, tanto ormai sono poliglotta...».