Montali: "Pallotta messo alla mercé della piazza di Roma: andava tutelato"

13/11/2015 18:23

RETE SPORT - L'emittente radiofonica ha contattato Gian Paolo Montali, ex allenatore di volley, poi dirigente sportivo anche nel calcio, con un passato nella e nella Roma. Queste le sue parole:

E' difficile come dirigente rapportarsi a questa à?
"E' solo un problema di organizzazione, che viene preparato e condotta dalla società. Nel caso della Roma c’è un presidente che ha delegato qualcuno a questo compito. Non conosco le vicende della Roma, ma a volte sono rimasto sconcertato e basito della comunicazione fatta a Trigoria. Molto spesso ho avuto l’impressione che la mano destra non sapesse cosa facesse la mano sinistra. Non so chi è che comanda nella società. La comunicazione è decisiva in un club. E’ importante che i giocatori si rendano conto che esistono dei regolamenti uguali per tutti e che devono essere gestiti in modo corretto. Bisogna capire chi comanda, chi decide le regole e chi comunica. Poi c’è la seconda fase, quella educativa, dove si fa capire alle persone esterne all’organizzazione il modello della società"

Che potere ha un dirigente su un calciatore? Può andare da un giocatore e costringerlo a parlare?
"Il giocatore, quando firma un accordo, lo deve fare. Contrattualmente lui deve fare ciò che gli chiede la società. Però c’è un secondo passaggio; molto spesso ci sono giocatori difficili e complessi, e lì gioca un ruolo chiave il carisma e la leadership di un dirigente. Molto spesso l’abilità del dirigente deve creare empatia con il calciatore, questo fa la differenza. In questo momento sono Advisor per la Dhl. Abbiamo preso una squadra di Modena di pallavolo, c’è stato un incidente con un nostro giocatore (ha investito tre persone e non si è fermato, ndr), e la situazione non è stata semplice. Bisogna far capire ai giocatori l’importanza dei valori e di quello che la società vuole trasmettere"

L’ultima frontiera nel mondo del calcio è un calciatore che preferisce pagare una multa, piuttosto che parlare ai media.
"Non è mai capitato a me negli anni alla o alla Roma. Io ho avuto Adriano che non era semplice da gestire, ma si può fare utilizzando le regole. Non è possibile che in una squadra parlino sempre gli stessi, bisogna imporre delle regole e fargliele capire. Se questo non succede si creano disuguaglianze e quindi non si ha un’organizzazione giusta per vincere. L’educazione e la disciplina sono cose basilari per creare il gioco di squadra"

Che cosa si dovrebbe fare quando una società, a livello dirigenziale, si trova presa in mezzo tra la posizione dei tifosi della e quella del Prefetto?
"La cosa che più mi arriva agli occhi e che mi è dispiaciuta moltissimo, perché sono un fan di questo presidente, è che sia stato messo alla mercé in una piazza difficile come quella di Roma e che si sia bruciato per una serie di situazioni. Non è possibile che un presidente così importante, che sta portando cambiamenti a Roma, sia in questa situazione. Pallotta andava tutelato dalle persone delegate a parlare di questi temi"

E se il presidente per carattere è un po' focoso e istintivo?
"Qualcuno però doveva spiegare a Pallotta le difficoltà della piazza di Roma. Il presidente sta tenendo duro e gli fa onore, ma a Roma si passa attraverso regole: quelle del prefetto, del e di come si sta all’interno di uno stadio importante come l’Olimpico. E’ un peccato che si sia rischiato di bruciare un presidente come Pallotta"