23/02/2016 17:08
TUTTOSPORT (G. BONGIORNO) - L'episodio è destinato a passare alla storia del calcio: tra Roma e il suo condottiero si è aperta una ferita, se non più sanabile sarà un cesaricidio. A chi intende il calcio come uno sport qualsiasi paragone con l'Impero romano sembrerà azzardato ma quanti vivono questo gioco come la più bella metafora della vita si interrogheranno a lungo: è Cesare ad aver tradito Roma o Roma ad aver tradito Cesare? Il capitano, nell'accorato sfogo in cui ha chiesto rispetto, chiarezza e maggior considerazione per sè e per la sua carriera, ha destabilizzato la squadra o ha esercitato un legittimo diritto?
La sintesti, semplicistica, che tutti fanno è questa: Totti ha attaccato Spalletti nel corso di un'intervista e Spalletti ha dovuto reagire escludendolo dai convocati per la partita contro il Palermo. Da qui l'origine di due schieramenti: l'uno a favore del tecnico, l'altro in difesa del capitano. Differenti e a tratti inconciliabili i punti di vista: alcuni invitano Totti, per ragioni anagrafiche, a fare un passo indietro e ad appendere le scarpe al chiodo, rimettendosi alle decisioni dell'allenatore; altri ritengono che le sue qualità possano ancora essere sfruttate, magari con un impiego a gara in corso, nelle prossime partite.
IL RISPETTO DELLE REGOLE Chi come me si muove tra codici e norme sa quanto sia eccezionale il rispetto delle regole; e quando si fa parte di una squadra la prima regola è che bisogna accettare le scelte del tecnico. Chiunque finisca in panchina si sente in compreso ma si gioca in undici e stabilire la formazione è compito dell'allenatore. E' naturale, dunque, che questi si imponga in un gruppo chiamato a raggiungere il terzo posto e dunque l'accesso in Champions, obiettivo minimo (ma comunque importante) rispetto alle legittime attese. Sarebbe sbagliato e fuorviante che un calciatore dicesse la sua, chiedendo di giocare, se tutti facessero così, regnerebbe il caos.
Il punto, però, a mio avviso è un altro. Non vi è nelle dichiarazioni di Totti alcun attacco al tecnico. La sua richiesta di rispetto, chiarezza e maggior considerazione si inserisce in un discorso più ampio e complesso, non è corretto estrapolare alcune delle sue frasi citandole fuori dal contesto. Totti ha espresso stima nei confronti di Spalletti, ha detto che lo ritiene un ottimo allenatore e un uomo di qualità. Incalzato dalla giornalista, non ha tuttavia nascosto la propria delusione per la gestione del tramonto della sua brillante carriera. Non ha offeso né l'allenatore né la società. Le sue dichiarazioni erano misurate, sincere seppur amare; esprimevano lo stato d'animo di un fuoriclasse che ripudia l'oblio normalmente riservato a un giocatore qualunque. Non serve essere campioni di empatia per comprendere i sentimenti di Totti, in questa fase della sua carriera: è un dato di fatto che interrompere l'attività professionale, quale che sia, è sempre un momento delicato nella vita di una persona, e forse lo è più per gli uomini che per le donne. Credo sia dunque più che legittimo che l'ottavo re di Roma - un uomo intelligente e sensibile, oltre che una stella del calcio - possa vivere l'approssimarsi di questa stagione della sua vita con qualche apprensione.
In ogni caso, la sanzione decisa da Spalletti - proprio perché eccessiva - si è rivelata un boomerang e ha dimostrato ancora una volta (semmai ce ne fosse stato bisogno) che l'amore che lega il capitano al suo popolo è saldo e vivo più che mai, indissolubile: l'Olimpico lo ha accolto con passione e affetto, riservando invece fischi a Spalletti. Una sanzione sproporzionata all'eventuale violazione assume quasi sempre la misura dell'iniquità.