KEITA: "A Bologna e a Barcellona ho giocato con una gamba sola"

17/05/2016 19:00

ULTIMOUOMO.COM - che dice che è stato difficile lasciare Valencia e che venire a Roma è stata una scelta personale, perché «c’erano molti francesi e per il clima e perché è una grande squadra». non gli ha garantito il posto in squadra ma è venuto lo stesso, rifiutando l’offerta del Liverpool: «Ho sentito che non era la scelta giusta. E non rimpiango di essere venuto qui, a parte qualche piccolo infortunio…». Si interrompe e si corregge: «Che poi ho avuto l’infortunio peggiore della mia carriera, per fortuna da gennaio sono tornato a un buon livello e ho giocato quasi sempre».

A Roma si dice che sia stato a farlo rinascere: «Non è cambiato molto per me personalmente. è molto esigente con tutti i giocatori ma non con me in particolare. Quello che è cambiato per me è che ho fatto due partite brutte, a e a (lo scorso novembre, poi non ha più giocato fino a gennaio ndr), dove giocavo con una gamba sola. Non era previsto che giocassi quelle partite, perché sentivo dolore. Mi faceva male anche guidando. Ma le circostanze hanno obbligato l’allenatore a farmi giocare. Poi qualcuno ne ha approfittato per criticarmi e oggi sembra che mi ha cambiato. Ma se è vero che tatticamente è molto bravo, ed è molto esigente, io ho soprattutto tutte e due le gambe».

Adesso ha 36 anni e non è chiaro il suo futuro. «Non ho mai forzato il mio addio da un club, le cose si sono sempre fatte in maniera naturale. Ho avuto l’opportunità due volte di andare in Qatar, l’anno scorso e a gennaio. Anche se in Qatar avrei guadagnato di più, l’allenatore e i dirigenti mi hanno detto che se fossi andato via sarebbe stato complicato sostituirmi. Il rispetto è importante e ho pensato al bene del club. E sono felice della scelta, ancora oggi sono molto contento».

Quando Seyodu è arrivato a Roma sembrava solo un altro ex giocatore di passaggio in una Serie A in decadenza. Il ricordo che lascia è quello di un professionista serissimo e appassionato, animato da un tipo di talento meno evidente di altri (quello della polivalenza, della precisione, della semplicità, della capacità di adattarsi a contesi diversissimi) che non per questo è meno importante nel calcio, e gli ha permesso di giocare fino a 36 anni ad alto livello. Jorge Valdano, citando l’umiltà come una delle virtù  fondamentali per un leader, ricorda che persino Alfredo Di Stéfano se gli facevano troppi complimenti rispondeva: “Io non giocavo da solo”.

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