07/03/2020 01:31
«La salute dei calciatori e degli atleti oggi è doppiamente garantita rispetto a quella dei cittadini normali. Oltre al fatto che lo sport colpisce la trasmissibilità, c'è una azione di monitoraggio dei medici sociali, parlo soprattutto della Serie A, c'è un monitoraggio di buona prassi e controllo che mettono a garanzia teoricamente il giocatore 2 volte, sia per l'età che per la prevenzione che i sistemi creati danno». È quanto afferma il presidente della Federazione Medico Sportiva Italiana, Maurizio Casasco, all'Adnkronos. «Lo sportivo si trova nella condizione uguale agli altri con una doppia protezione. Poi ovviamente non è immune perché vive nella società civile ma non si contagia durante la partita ma più facilmente con un evento fortuito come camminare per la strada -prosegue il n.1 Fmsi che replica alla richiesta di coinvolgimento da parte dei calciatori nella lotta all'emergenza coronavirus-. La Lega di Serie A, di cui sono consigliere indipendente con delega alla salute, si è sempre molto occupata della salute dei calciatori anche a livello di consiglio di amministrazione. La Lega ancor prima ma anche nel consiglio direttivo, si è posta il problema della salute dei calciatori».
«Ieri ho avuto delega dalla Lega di organizzare un meeting con i 20 responsabili sanitari e medici sociali di Serie A, siamo stati in conference call per 3 ore ampliando da 18 a 28 i punti già indicati di buone prassi di intervento con particolare attenzione allo sport professionistico, indicazioni fatte assieme ai 44 medici federali e attraverso un panel con i più grandi esperti a partire dal professor Massimo Galli, direttore del reparto malattie infettive dell'ospedale Sacco di Milano». «Ieri oltre alla Lega che ha discusso della situazione con i 20 club, di buon mattino ho parlato telefonicamente col presidente dell'Assocalciatori, Damiano Tommasi, e la sera l'Aic ha ricevuto le indicazioni della Fmsi che ha condiviso anche coi 20 medici professionisti di A- prosegue Casasco-. La Lega calcio si è presa per prima, quando ancora non ne parlava nessuno, cura con buone prassi della salute degli atleti». «Dall'Aic ci deve essere un'ottima condivisione collaborazione perché questo è importante e giusto, ritengo corretto che siano anche loro coinvolti, fermo restando che in questo momento devono essere soprattutto i medici a guidare e assumersi la responsabilità di quelli che sono gli indirizzi».
E tornando sulle percentuali di possibilità di contagio per gli sportivi rassicura. «Oggi l'Istituto superiore di sanità dice che l'età media della mortalità è di 81 anni e i 2/3 dei soggetti deceduti avevano una o più patologie. Noi abbiamo un basso rischio di letalità, in particolare nello sport dove sono più giovani, e un alto rischio di contagio: dobbiamo intervenire sull'interruzione della linea di contagio attraverso tutta una serie di interventi e portare il rapporto di 1 contro 2.6 di oggi a 1.1 e questo avviene attraverso le buone prassi, attraverso un sistema di igiene e di controllo degli ambienti di lavoro e degli spogliatoi, ed è quanto i medici sportivi hanno fatto per lo sport».
(Adnkronos)