Con la sua donazione, lei farà capire a molti tifosi quanto sia importante la memoria.
“La diversità è meravigliosa, ma non dobbiamo dimenticare la nostra identità. Quella di una famiglia, come quelle di una città e di una società di calcio. Un club deve avere cura della propria memoria. Specie un club come la Roma. Perché la Roma è Storia, con la esse maiuscola: la sua vita si intreccia con quelle di milioni di persone e con quella del nostro Paese”.
Cosa le manca di più di papà Piero?
“Qualcuno con cui litigare. Con lui discutevamo di tutto. Ma era mio padre. Guai a chi me lo toccava”.
La passione per la Roma gliel’ha trasmessa suo padre?
“Sì, è stato lui che mi ha insegnato ad amarla. Mi portò a vedere un Roma-Cagliari 2-0, ultima di campionato 1973-74. Papà non vide entrambi i gol perché era andato a prendere qualcosa da bere. Poi mi accompagnò negli spogliatoi”.
Qual è stato il suo idolo romanista?
“Di Bartolomei. Fu un capitano vero, oltre che una persona seria e molto sensibile. Mi identifico in Agostino. Mi identifico nella sua sofferenza”.