20/01/2023 20:23
A differenza del termovalorizzatore, che è terreno di scontro, sugli stadi per As Roma ed Ss Lazio in città sono tutti d’accordo con il sindaco Roberto Gualtieri: vanno fatti. Lo hanno fatto sapere ieri, in occasione del primo confronto, anche i tre principali candidati alla presidenza della Regione Lazio: Donatella Bianchi per il M5s, Alessio D’Amato per il centrosinistra, Francesco Rocca per il centrodestra. Tuttavia, senza il sostegno del governo – non soltanto morale, ma anche economico – i progetti rischiano di non vedere mai la luce. Il vero nodo non sono gli impianti in se: quello dei giallorossi da costruire a Pietralata, e quello dei biancocelesti da reinventare ristrutturando il Flaminio. Il problema è la gestione dei trasporti e della mobilità nelle due aree interessate.
Ieri, la candidata del Movimento 5 stelle – il quale nel 2017 bocciò la proposta di un impianto per i giallorossi a Tor di Valle – ha tenuto a chiarire: “Non siamo il Movimento del no, siamo per fare le cose e farle bene”. E quindi: “Sì allo stadio della Roma purché ci sia una riqualificazione urbana dell’area. Va fatto con una visione di sistema – ha detto Bianchi -. Deve portare compensazioni, quindi aree verdi per migliorare la vita dei cittadini”. È andato oltre il candidato del centrodestra: “Sì a entrambi gli stadi, la Roma ha già scelto dove, mi auguro che la Lazio possa andare al Flaminio “, ha detto Rocca. Stessa linea anche per D’Amato: “Lo stadio della Roma si farà nell’area di Pietralata, e spero si faccia anche quello della Lazio”.
Nessuno – né di questi tempi in cui si vota, né nel tempo sospeso in una campagna elettorale permanente – vuol mettersi contro le tifoserie dei due club calcistici della Capitale. I partiti tradizionali hanno osservato, e imparato bene, la lezione subita dall’ex sindaca Virginia Raggi. Un tweet, a firma di Francesco Totti, bandiera dell’As Roma ma anche volto della Capitale nel mondo, nel 2017 rilanciò l’hashtag dei tifosi giallorossi “#famostostadio”. Raggi, sommersa dalle polemiche, rispose: “Totti, #famostostadio ma nel rispetto delle regole”. Seguirono interminabili riunioni, numerose visite di Beppe Grillo. E fu lui, infine, a mediare una soluzione: un ni, ok allo stadio ma senza consumo di suolo. Raggi capitolò ma pagò, per il resto del mandato, l’insanabile disgregazione della sua maggioranza.
Così, oggi sono tutti d’accordo. La strada che porta alla posa della prima pietra, però, è complessa: per il Flamino, la Ss Lazio non ha ancora presentato alcun progetto al Campidoglio, tanto che l’assessorato allo Sport ha fatto trapelare l’intenzione di voler guardare altrove, ad altre società, non per forza calcistiche, per il recupero e la riapertura dell’impianto. Per lo stadio giallorosso, invece, si è conclusa qualche giorno fa la conferenza dei servizi. E a quanto si è appreso le valutazioni contenute nello studio di fattibilità dell’As Roma, su trasporti e mobilità nell’area di Pietralata, sono state ritenute un po’ troppo ottimistiche. Per una capienza da 62 mila persone l’attuale asset viario e il sistema Tpl non è sufficiente e va rafforzato. All’assessorato alla Mobilità lo sanno, ma il compito di proporre il potenziamento spetta alla società giallorossa.
Allargare strade, acquistare nuovi treni, altri bus, o quel che sarà, tuttavia, costa e la compensazione del privato non sarà mai sufficiente a coprire tutti gli interventi. Al sindaco Gualtieri toccherà ancora bussare alla porta di ministeri e governo, ma – se le premesse saranno confermate – stavolta avrà il sostegno di tutti. In una città vivace, dove ci sono le correnti pure nei comitati di quartiere, è un buon esempio di impegno condiviso per il bene comune. Arriva dal basso, da un mondo che rifugge lo sguardo d’insieme ma è unito: il tifo calcistico. E la politica sembra averlo colto. Magari, col tempo, ne trarrà anche insegnamento.