05/04/2023 15:44
BTTFTV - Ai microfoni della trasmissione 'Cose da Roma' su Back to the Football TV è intervenuto l'ex direttore sportivo tra le altre anche della Roma e ha parlato dei giallorossi. Le sue dichiarazioni:
L’11 aprile uscirà il suo libro “Il mio calcio furioso e solitario”, edito da Piemme. Come nasce questo libro da tanti a lungo atteso?
"E’ una cosa che ho scritto di getto tra luglio e agosto perché avevo una crisi di identità, non sono abituato a non lavorare in quei mesi. Ho preso la penna in mano e ho iniziato a scrivere quasi per gioco, poi la penna è andata da sola ed è venuto fuori un libro. Ripercorro la mia vita, come ho cominciato a giocare, con chi e con quali presupposti, è un’escursione nella mia vita non solo di calciatore e dirigente ma di essere umano, con molti dubbi e molti interrogativi".
Lei ha visto anche l’evoluzione del calcio in questi anni, in che stato versa il calcio italiano?
"Meraviglioso. Intanto il calcio è meraviglioso, sempre. Il calcio italiano poi è in un momento particolarmente felice, come dimostrano le nostre sei squadre ai quarti di finale di Champions ed Europa League; un risultato rilevante e non casuale. A dispetto di quello che dicono in molti, guardando sempre alla Premier inglese, la Serie A è il campionato più evoluto, con i migliori tecnici e tanti grandi giocatori".
Lei è sempre stato un grandissimo scopritore di talenti, soprattutto in fatto di difensori centrali. Quali sono le prime due cose che osserva in un centrale di difesa?
"Il senso dell’anticipo e la poca fallosità. Quando un centrale fa più di tre falli o anticipa poco per me non è un grande giocatore, i centrali devono essere velocissimi nell’anticipo e puliti nel gioco. Quando carichi la tua squadra di 4-5 falli ti voti alla sconfitta".
Sul talento e il calcio giovanile
"Spesso i ragazzini vengono tenuti in una sorta di prigionìa fatta di elementi tattici dagli allenatori, viene disincentivata la giocata. Il dribbling ad esempio non dimentichiamoci che è lo strumento tattico più importante a disposizione di un giocatore, il giocatore che dribbla mette sempre la squadra in superiorità numerica. Piuttosto che fare una ragnatela di passaggi, un dribbling fatto bene al momento giusto ti dà la superiorità numerica. Il dribbling un tempo era frequentatissimo dai giocatori, tutti sapevano dribblare perché si giocava in piazzetta, dovevi per forza dribblare, gli avversari, i sassi e anche le macchine. Il dribbling era una necessità, ora è diventata un’opzione, invece bisogna stimolarlo. I giocatori che sanno dribblare sono giocatori particolarmente forti".
Il prossimo giovane italiano destinato a far parlar di sé?
"Pafundi senza dubbio. Guardate come muove la palla Pafundi. Muove la palla come un artista, è veloce, imprevedibile, tecnico, ha tutte le qualità. Penso che sarà il prossimo grande giocatore italiano e stiamo parlando di un bambino, è un 2006".
Come si scelgono allenatori e giocatori secondo Sabatini?
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Per gli allenatori la prima condizione è che la squadra giochi bene e sia votata all’attacco, il Lille di Rudi Garcia ad esempio giocava un calcio straordinario, molto propositivo. Per i giocatori valgono altre qualità ma soprattutto vale l’istinto, io quando sento un giocatore sottopelle allora non sbaglio. Ne ho sbagliati tanti, ma quando vedo un giocatore e capisco che è “il giocatore” lo prendo senza troppi confronti o ripensamenti. Mi basta vedere uno stop orientato come si deve, che taglia fuori la prima linea della difesa avversaria e già sono emozionato, già penso che sia un giocatore da prendere".
Baldanzi ad esempio le dà quella sensazione?
"Sì, è un giocatore forte".
Che idea si è fatto di Kvarhaskelia, la rivelazione di questo campionato che ha sorpreso un po’ tutti.
"Una sorpresa anche per me, sono stati bravissimi a Napoli. E’ un giocatore di immense possibilità, quando prende palla lui veramente tutto può succedere".
Nella sua esperienza da DS della Roma andò vicinissimo all’acquisto di Cuadrado, all’epoca all’Udinese.
"Molto, per Cuadrado avevo un accordo con la famiglia Pozzo, era tutto delineato per chiudere l’operazione. Poi ci fu una non completa adesione del tecnico a questo acquisto e dovetti rinunciare".
Un rammarico nella sua carriera?
"Se ho un rammarico è quello di non aver vinto lo scudetto con la Roma, ne avevo fatto veramente una questione di fede, pensavo di meritarlo e che lo avesse meritato la piazza. Non ci siamo riusciti, pur avendo fatto in una stagione 87 punti, un punteggio che basta a vincere lo scudetto in qualsiasi epoca ma in quegli anni la Juventus faceva più di 100 punti. Ancora oggi provo un forte rammarico, potrei dire anche dolore, vincere lo scudetto con la Roma sarebbe stata la cosa più importante della mia vita. Oltre ad essere forte era una Roma divertente, con giocatori di altissima caratura. Ne cito uno che nessuno si ricorda mai: Seydou Keita. Un giocatore straordinario, un capo silenzioso, sempre propositivo in campo, vincente nei contrasti. Un grande giocatore".
Come avrebbe visto Matic in quella squadra?
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Matic è un giocatore fortissimo, può giocare in qualsiasi Roma, del passato, del presente e anche del futuro. Ha una capacità di trasmissione della palla eccellente, i suoi tempi sono eccellenti".
Un giudizio sul momento di Abraham?
"Abraham è un giocatore che ha grandi qualità ma deve trovare un’altra dimensione psicologica, deve tranquillizzarsi. Mi sembra sempre troppo nervoso, al limite dell’isteria. Se capitalizzasse tutte le sue energie solo per il gioco diventerebbe un centravanti straordinario; lo vedo sempre stressatissimo, non sopporta le decisioni arbitrali, non sopporta gli errori, non tanto quelli dei compagni quanto i suoi. Un calciatore deve avere una tranquillità diversa. E’ amato dal pubblico, basta una mezza giocata per scatenare un boato, dovrebbe capitalizzare questa energia".
Come immagina il futuro di Daniele De Rossi allenatore?
"Quello alla Spal è un passo falso assolutamente sopportabile, con una squadra presa a stagione iniziata e una rosa incompleta, ci poteva stare una sequenza di risultati non favorevoli. Non è né un’onta né una bocciatura, forse un’esperienza che può tornare utile in futuro. Per me Daniele è un grande allenatore; io al momento sono senza squadra, lui lo sa, ma se trovo una squadra è il primo nome che mi viene in mente come allenatore. Lui era allenatore già da giocatore, quando ci parlo mi rendo conto che ne ha acquisito anche il lessico. Ha tutte le qualità per fare questo mestiere: l’empatia con lo spogliatoio, la capacità di indirizzare il gruppo, era un grande giocatore e sarà un grande allenatore".
Sono maturi i tempi per una riappacificazione tra Totti e Spalletti?
"
Sarebbe bello, sarebbe bello soprattutto per la gente, è stato lacerante. Anche se le cose ormai sono passate sarebbe bello, mi piacerebbe moltissimo".