17/02/2019 01:51
FOUR FOUR TWO - Edin Dzeko si è raccontato in un'intervista alla celebre rivista calcistica. Nei giorni scorsi era già uscita, nella versione online della rivista, un'anticipazione delle parole dell'attaccante bosniaco della Roma, contenute nel numero di marzo. Questa l'intervista completa:
Come ti stai trovando a Roma?
"Sono molto felice qui. È la mia quarta stagione, il tempo è volato! Ci sono stati alti e bassi, quando ti trasferisci in un nuovo paese ti devi abituare a un nuovo campionato e una nuova cultura, e forse mi serviva più tempo qui in Italia di quanto me ne sia servito in Germania o Inghilterra, ma ora mi sento come a casa. Sono felice di essere venuto qui. La Serie A era il campionato migliore del mondo quando ero un bambino".
Quindi guardavi molta Serie A da giovane? Per chi tifavi?
"Sì, la mia squadra preferita era il Milan e Shevchenko era il mio giocatore preferito. Mi ispiravo a lui. Non penso che i nostri stili siano simili, però. Era solo il calciatore che mi esaltava".
Sei entrato nella storia come uno dei migliori marcatori della Roma. Sei nel momento migliore della tua carriera?
"Per certi versi. In Champions League, sicuramente, ho giocato più partite qui e segnato più gol in assoluto. Ho giocato questa competizione anche col Manchester City e il Wolfsburg, ma a Roma abbiamo raggiunto la semifinale e ho segnato 15 gol in tre anni e mezzo, il mio rendimento migliore. Due anni fa sono stato capocannoniere in campionato e anche in Europa League. Quindi, sì, certamente. Sai come funziona con noi giocatori: quando sei più vecchio, tutti si aspettano il tuo declino. Ma io mi sento bene. Mi alleno molto, e il lavoro duro sta pagando. Non sono mai stato il giocatore più veloce della squadra, e col passare degli anni c’è più possibilità di farsi male e perdere velocità, così lavoro duro per evitare infortuni e dare il meglio, nonostante compirò 33 anni a marzo".
Con altri due gol aggancerai Francesco Totti in testa alla classifica marcatori di Champions League della Roma a quota 17. Cos’è che ti fa dare il meglio in questa competizione?
"Gioco sempre, e la squadra ha fatto molto bene nell'ultimo anno e mezzo. Siamo arrivati in semifinale, dunque ci sono state più partite e possibilità di segnare. L’anno scorso è stato pazzesco per i calciatori, il club e i tifosi, e anche quest’anno abbiamo cominciato bene. Ho giocato in Champions League in tre degli ultimi quattro anni qui, non sono sicuro che la Roma in passato abbia partecipato così regolarmente al torneo. In quell’anno, tra l’altro, siamo stati sfortunati a uscire col Porto, rimediando tre espulsioni in 180 minuti. Non fosse stato per quello, avremmo giocato la Champions League ogni anno. È buono per il club".
Il tecnico della Roma Eusebio Di Francesco ha detto che trova che tu giochi meglio di notte. Come mai?
"Non penso valga solo per me. Chiedi ai giocatori se preferiscono giocare alle 15 con 25-30 gradi o alle 21 quando è più fresco, tutti ti direbbero la seconda. È vero ciò che dice l’allenatore: mi piacerebbe giocare sempre di sera!".
Roberto Mancini, tuo ex allenatore al Manchester City, ha recentemente dichiarato che sei stato uno dei più forti attaccanti d’Europa per anni. Pensi di essere sottovalutato?
"Non ci penso. Un giocatore può essere popolare e un altro meno, quindi non mi interessa. Faccio solo il mio lavoro. Mancini mi conosce bene, stavamo insieme al City, ma non so se io sia sottovalutato o sopravvalutato".
Siete ancora in contatto?
"Sì, abbiamo parlato qualche volta qui. È stato un sogno per lui ottenere il lavoro con la nazionale e spero che faccia bene. Anche se a volte mi arrabbiavo con lui quando non giocavo, il nostro rapporto era buono. L’Italia ha una nuova squadra con tanti giovani, spero facciano bene".
Più tardi torneremo a parlare del Manchester City, ma prima dobbiamo parlare della rimonta contro il Barcellona della scorsa stagione. È stato un picco della tua carriera?
"Certamente, per tutti noi. Nessuno si aspettava una cosa del genere dopo la sconfitta per 4-1 all’andata. E stavamo giocando contro il Barcellona: prima dovevi segnare 3 gol, poi essere sicuro di non concederne. Penso che tutto sia andato per il verso giusto. Abbiamo segnato subito, che è importante perché ti dà energia e fa sì che la folla ti segua ancora di più. Non avevo mai visto il Barcellona in tale difficoltà come quella volta, non erano loro stessi, nonostante fosse principalmente perché li pressavamo molto in alto e non potevano quindi fare il loro gioco. Abbiamo raddoppiato e lì abbiamo cominciato a crederci. Sull’1-0 la strada è ancora lunga. Ma dopo che Daniele ha segnato il rigore del 2-0, ho veramente creduto che ce l’avremmo potuta fare".
È servito il secondo gol, quindi?
"Sì, perché sull’1-0 dovevamo segnare ancora due volte, ovviamente, e non è facile. E non potevamo subire gol. Dopo il secondo gol c’era ancora mezz’ora da giocare, e in mezz’ora tutto può accadere. Abbiamo continuato a giocare come avevamo fatto, aggressivi e alti sul campo, sperando che il gol sarebbe arrivato, come è accaduto quando ha segnato Kostas".
È stato difficile rimanere calmi e finire il lavoro sul 3-0?
"Sapevamo di star giocando per arrivare in semifinale, che forse nessuno di noi aveva mai giocato; solo Kolarov, penso, col Manchester City due anni fa. Dovevamo difendere tutti insieme. Il Barcellona ha avuto una chance alla fine, ma niente di serio".
Sii onesto: pensavi fosse finita dopo l’andata?
"Sì. Pensavo che forse ci sarebbe stato l’1% di possibilità di passare il turno. Quando ho segnato stavamo sotto 3-0, non avrei detto di essere fiducioso ma in quel momento ci credevo. Poi il quarto gol mi ha ucciso. Ero devastato quando abbiamo subito quel gol. Ho pensato che sarebbe stato difficile, ma il calcio è pazzo".
Quanto è stato speciale nel contesto della tua carriera? Hai giocato anche un ruolo importante nella vittoria del Manchester City sul QPR che è valsa il titolo, e hai aiutato la Bosnia a raggiungere il suo primo mondiale.
“È stato certamente uno dei momenti top, nonostante fosse diverso da quello col QPR, perché lì stavamo lottando per il titolo e tutto è accaduto nell’arco di due minuti, mentre qui avevamo 90 minuti per cambiare il match e l’abbiamo fatto. È stata una delle più grandi partite mai giocate dalla Roma, e rimontare 3 gol al Barcellona è ancora più difficile”.
È stato il boato più forte mai sentito in uno stadio?
“Sì. Lo stadio era pieno prima della partita anche se avevamo perso 4-1 all’andata, l’atmosfera era buona. Ma quando segni a inizio partita, la gente impazzisce. Ci ha dato più energia sul campo e noi abbiamo dato loro più energia per supportarci”.
Hai rimpianti per il confronto col Liverpool?
“Certo. L’andata ci ha impedito di raggiungere la finale. Abbiamo segnato 6 gol in una semifinale e siamo comunque andati fuori, mi manda ai matti. Abbiamo perso tutto in quella partita”.
Ti ha dato particolarmente fastidio come attaccante? Hai segnato tutti quei gol e avete perso lo stesso.
“Avrei preferito non segnare e andare in finale”.
Pensi che sarebbe potuta andare in altro modo?
“Sì. Li abbiamo battuti 4-2 in casa e abbiamo segnato 2 gol a Liverpool, non è facile. Non so chi altro ha segnato 6 gol in una semifinale ed è uscito. Il problema è stato che non abbiamo pensato al ritorno durante l’andata. Dovevamo pensare a tutti i 180 minuti, non solo ai primi 90. Abbiamo commesso troppi errori nella prima partita e coi giocatori che ha, il Liverpool ti punisce”.
È stata la grande occasione persa della Roma?
“Sarà difficile rifarlo, anche se neanche l’anno scorso se lo aspettava qualcuno. Mai dire mai, ma era una grande chance di arrivare in finale”.
Totti è ancora coinvolto col club dopo il ritiro, come dirigente. Come è averlo intorno?
“Sta qui tutti i giorni. Preferirei che fosse più giovane e potesse ancora giocare, segnerei più gol! Non abbiamo giocato molte partite insieme, ma penso che abbiamo fatto bene. L’unico rimpianto è stato non poter giocare con lui nei suoi anni migliori. Da attaccante, segni di più con un giocatore come lui”.
Avete scherzato sul fatto di poter infrangere qualche suo record?
“No, non ne abbiamo parlato. I record sono lì per essere superati, da me o da qualcun altro, ma non penso che qualcuno riuscirà a battere il suo record di gol”.
Come ripensi al tuo periodo al Manchester City?
“Sono stato lì quattro anni e mezzo, ho vinto dei trofei - che il City aspettava da 44 anni - e sono stato molto bene, è stato un periodo speciale della mia carriera. Seguo ancora il City, quando posso. Lo sento come il mio club, ed è stato un piacere giocare nel miglior campionato del mondo. Vuoi giocare con i migliori e competere con i migliori, quindi volevo andare in Inghilterra”.
Cosa ti fa dire che la Premier League è il miglior campionato del mondo?
“I migliori giocatori sono lì. Il ritmo è diverso. Tutto è migliore. Per esempio, ci sono 6 squadre che possono vincere. Non puoi mai dire che vincerai una partita facile”.
Sei orgoglioso di essere parte dello storico titolo del 2011-2012?
“Nonostante avessimo giocato un ottimo calcio per tutto l’anno, vincere il campionato in quel modo nel recupero lo ha reso ancor più pazzesco, ed sono stato felice di esserne stato parte. Ricordo di essere arrivato nel gennaio 2011 ed è pazzesco vedere quanto il Manchester City sia cresciuto come club da allora. Per essere con i migliori, però devono vincere la Champions League”.
Ti consideri un tifoso del Manchester City, quindi. Vale lo stesso per tutti i club in cui hai giocato?
“Sì. Seguo il Wolfsburg perché anche lì abbiamo fatto la storia. Sono stato lì per tre anni e mezzo e abbiamo vinto l’unico titolo della storia del club”.
Guardando indietro alla partita col QPR, puoi parlarci di quel che ricordi?
“Forse pensavamo tutti che sarebbe stata una partita facile. Bastava vincere in casa per diventare campioni. Io ero in panchina, e ricordo che quando Zabaleta segnò, pensammo che sarebbe stato più facile. Ma poi loro pareggiarono dal nulla, ma rimediarono un cartellino rosso e forse rimanemmo troppo scoperti dietro, loro fecero un contropiede e segnarono il 2-1. In panchina, Mancini stava imprecando contro tutti per come avevamo incassato il secondo gol. Mi chiamò e mi mise dentro subito. Avemmo occasioni, ma niente di speciale, perché sapevamo cosa stavamo bruciando e la pressione era troppa. In qualche modo segnammo quel secondo gol, che ci diede un po’ di speranza. Il tempo volava e dovevamo segnare ancora, quindi quando pareggiai tornai subito a metà campo, per avere più tempo. Fummo fortunati a segnare il terzo, perché avevamo una sola azione d’attacco per farlo, con Sergio Agüero. Fu fortunato, ma alla fine meritato”.
Cosa ti passava in mente quando sei entrato?
“Sapevo di dover fare solo il mio lavoro: segnare. E basta. Non pensavo a nient’altro”.
Hai menzionato il fatto che i calciatori avvertivano la pressione: anche tu?
“Certamente. Era tutto su un piatto d’argento e stavamo buttando l’accasione troppo facilmente. Ma ci provammo nonostante la pressione anche se, forse, non ci credeva nessuno”.
Che ricordi hai del gol di Agüero?
“Lo ricordo come un grande sollievo, più che altro. Nient’altro, solo sollievo. Sapevamo di avercela fatta, dopo tutta quella pressione e i 20 minuti finali. Quando Sergio ha segnato… non so neanche spiegarlo”.
Come furono i festeggiamenti?
“Non lo ricordo con precisione. Andammo su un bus scoperto il giorno dopo, quella sera ce la godemmo tutti insieme”.
Hai un cimelio di quelle partite?
“Ho tutte le maglie con cui ho giocato, del City, del Wolfsburg e della Roma, che tengo a casa. Quell’anno avevamo una maglietta celebrativa, con tutte le firme dei giocatori”.
È stato un grande momento per Manchester City nel loro processo di sorpasso del Manchester United come migliore club cittadino. Hai anche segnato una doppietta nel 6-1 all'Old Trafford. C’era la sensazione che quel risultato fu di grande importanza nella storia di quella stagione?
“Battere qualcuno 6-1 in casa propria vuol dire infliggere un’umiliazione, specialmente in un derby, è ancora peggio. Successe tutto molto velocemente, penso che segnammo tre volte negli ultimi 5 minuti o qualcosa del genere. Forse quella partita ci diede forza ed energia per pensare che avremmo potuto farcela, che eravamo la squadra da battere. Battere lo United con Alex Ferguson, uno dei più grandi allenatori della storia, fu un momento speciale per noi e per i tifosi. Da lì ci amarono di più. È pazzesco pensare quante belle partite e momenti speciali abbiamo avuto in quei quattro anni e mezzo: battere lo United, vincere due titoli, più due coppe e anche il Community Shield. E lo united aveva sempre quella bandiera con cui contava gli anni in cui il City era rimasto senza titoli, prendendosi gioco dei tifosi. Dopo quel 6-1 si calmarono”.
Senti la rivalità con lo United oggi? Godi nel vederli perdere?
“No, non la vedo per niente così. Quando il City gioca, voglio che vincano, ma quando gioca lo United, se non tifo la squadra contro cui giocano, non mi interessa”.
E ti vedi un giorno di nuovo in Inghilterra?
“Non lo so, non ci penso. Non sai mai cosa accadrà domani, ma sono qui e con un anno e mezzo ancora di contratto. Vedremo cosa succederà. Per il momento, sono felice di essere qui a Roma”.