10/04/2015 01:20
ROMA TV - Alberto De Rossi, tecnico della Primavera (domani impegnata nelle semifinali di Europa League contro il Chelsea), ha parlato ai microfoni del canale ufficiale del club giallorosso. Questo uno stralcio dell'intervista, realizzata prima della partenza della squadra per Nyon:
Il rinnovo, cosa significa?
A parte la consapevolezza di aver svolto il mio lavoro bene, la voglia di fare mi ha dato la spinta, volevo subito tornare in campo per trasmetterla ai ragazzi. Quando ti danno una fiducia illimitata, questo ti dà una spinta enorme. La Roma fa parte della mia vita, dei miei affetti, mi ha dato la possibilità di esprimermi perché inizialmente non volevo uscire dal campo di gioco. La Roma mi ha dato tutto questo e il contratto mi ha dato la fiducia.
Ti abbiamo definito "il Ferguson del calcio giovanile", cosa ne pensi?
Intanto che vi dovrei pagare una pizza (ride, ndr). E poi scomodare un guru del calcio mondiale è un paragone un po’ irriverente. Vorrei avere un’altra etichetta, quella di un allenatore normale e onesto che fa tutto questo questo per i ragazzi.
Un momento particolare della tua carriera?
Ce ne sono tanti, ma scelgo una 'foto' con un sonoro. L'emozione più forte è stato il momento dopo la vittoria della Coppa Italia contro la Juve, c'era la Tevere piena di tifosi, mi avvicinai per ringraziarli ed è partita un'ovazione, per me è stato un momento emozionante.
Il settore giovanile come scelta di vita, non hai mai pensato al salto in prima squadra?
Rimanere coi giovani sembra la scelta più facile, invece la mia aspirazione va oltre, sto continuando a migliorarmi sempre, non dico per diventare il più longevo, ma anche il più bravo. Questo non è un lavoro normale, e come ho detto prima, è stata una cosa dovuta, rimanere in campo per aiutare i giovani e poi sono stato assorbito dalla voglia e dai risultati. Non ho mai pensato a fare il salto, ho uno staff che non ho mai avuto, 5 collaboratori non mi era mai successo. Con loro cerchiamo nuove soluzioni per non annoiare i ragazzi.
Hai mai parlato con Daniele delle tue scelte?
Sì, un paio di volte. Inizialmente ricordo che ci fu un colloquio con Daniele quando era abbastanza giovane. Quando lui entrò qui, il padre-allenatore doveva scomparire. Quando lo accompagnavo lasciavo la macchina fuori, Questa cosa la sentiva, penso che sia successo a tutte le persone che lavorano allo stesso posto. Le nostre carriere dovevano essere su due strade parallele. C'è stata qualche volta che potevo prendere la prima squadra, c'è stato un momento che abbiamo parlato di interrompere il cammino nello stesso posto di lavoro per alleggerire la pressione. È stato un momento particolare, subito superato dalla nostra onestà al di là delle chiacchiere.
Qual è l'annata che ti ha dato maggiori soddisfazioni?
Sono rimasto più legato ai gruppi che non hanno vinto. In particolare il gruppo dei '94 che stentava a farsi largo nel calcio. I '94 non avevano mai vinto e fuori da Trigoria venivano etichettati come perdenti, non riuscivano a diventare protagonisti. Lì ho dato il massimo, era una sfida per fare qualcosa in più. Mi ricordo la vittoria della Supercoppa contro l'Inter, mi ricordo che giocavano dei 96' come Calabresi e dei 95', mentre nell'Inter c'erano Mbaye, Duncan, Livaja, giocatori che erano nel giro della prima squadra. Mi ricordo le facce dei giocatori, che non avevano mai vinto niente, quando hanno alzato il trofeo a fine partita.
Un rammarico?
Le finali perse, sotto la mia gestione siamo arrivati tante volte in finale. Una su tutte Roma-Milan, ci fece gol Abate. Avevamo fatto le scelte giuste, ma le doti sono state offuscate dalla forza fisica. Un anno di età fa la differenza.
La Youth League?
Intanto abbiamo centrato un obiettivo. Il nome della Roma dobbiamo portarlo con orgoglio e lo abbiamo fatto. Ora inizia il bello, è un orgoglio portare la Roma tra le prime 4 squadre d'Europa. Non è che sto abdicando, non vuol dire che vogliamo fermarci qui. Ci siamo preparati meglio di quanto fatto con il City. Il Chelsea è più forte del City, ha individualità più forti ma è meno squadra. Ce la giocheremo, è una gara che ci potrebbe aprire la porta per la finale contro avversari molto forti. Lo Shakhtar e l'Anderlecht sono squadre che riteniamo un gradino più in basso del Chelsea. Finora siamo stati protagonisti, ora però comincia il bello.
Che esperienza ha rappresentato la Youth League?
Un'esperienza fantastica e molto formativa, anche per me e per tutto lo staff. Ho il piacere di lavorare con un gruppo di amici, con il quale passiamo tante ore insieme e facciamo un lavoro enorme studiando gli avversari: senza di loro non avremmo raggiunto questi obiettivi. Abbiamo avuto la fortuna di incontrare squadre fortissime, ognuna con una filosofia di gioco diversa: c’è stata una sollecitazione nervosa a livello tecnico-tattico che ci ha fatto crescere. Per i ragazzi, poi, salire sull’aereo con la prima squadra ha rappresentato un’esperienza significativa: li ha aiutati a capire, a livello emotivo, che devono fare di tutto per poter diventare professionisti. Sul campo poi, è stato formativo anche subire i cambi di modulo degli avversari o andare uno contro uno con giocatori formidabili. La Youth League è stata una manifestazione fantastica e spero che la UEFA incrementi questo torneo inserendo dai prossimi anni anche le squadre che partecipano all’Europa League.
Il City sembrava imbattibile...
Il City ha uno spirito di gruppo superiore alle altre partecipanti del torneo. C'è un mix di esperienza, tecnica e talento: è la squadra più completa. Avevamo sempre detto di volerci giocare una rivincita con loro dopo essere usciti sconfitti immeritatamente per due volte nel girone, abbiamo fatto tesoro delle partite perse e siamo molto migliorati. Mi ha fatto piacere vedere la crescita e la maturità enorme della squadra.
Il Chelsea?
Ha giocatori che al momento sono inarrivabili. Sono forti, veloci, hanno estro, fantasia, sono completi. Loro giocano con 4 giocatori davanti che si esulano dal resto della squadra. Stiamo lavorando sulle zone del campo dove dovremo far male agli avversari, dobbiamo essere impeccabili dietro.