20/11/2015 18:05
LAROMA24.IT (F. BARANELLO) - Il 20 novembre 1960 la Roma riceve all’Olimpico il Padova. Si respira una gran bella atmosfera: derby appena vinto per 0-4 con tripletta di Manfredini e primo posto in classifica anche se a solo un punto dalle dirette inseguitrici.
La partita è sofferta, in modo particolare nel primo tempo, ma poi la compagine giallorossa ha la meglio e grazie ancora a una tripletta di Pedro “Piedone” Manfredini, è la quarta tripletta in otto partite di campionato, si aggiudica la gara per 3-1.
L’entusiasmo è alle stelle e “alla fine della partita un giovane tifoso con una grande bandiera fece il giro del campo tra gli applausi del pubblico. La sua gioia era visibile, vibrante. In qualche modo misterioso sembrava che, con lui, corresse tutto lo stadio; che tutto lo stadio liberasse la propria anima correndo sul prato” (Cit. Forza Roma Daje Lupi, M. Impiglia, 1998).
Quel giovane è Dante Ghirighini, per tutti semplicemente “Dante”. E’ il garzone di un macellaio al mercato Trionfale, che da questo momento si assurge alla più alta carica di “Idolo del Popolo Giallorosso”.
A seguito di questa “impresa” il presidente della Roma Anacleto Gianni dirà che “sono queste le invasioni di campo che noi preferiamo”. La società giallorossa fa omaggio a Dante di una tessera della Tribuna Tevere che utilizza per il big-match della domenica successiva: Roma–Juventus, scontro al vertice.
La Roma vince per 2-1 e l’entusiasmo è palpabile in tutta la capitale ma a Dante non è piaciuto stare lontano dalla sua gente, dal suo posto, dalla sua curva Sud.
Torna in curva, dove diventa vera leggenda e lo sarà per altri quaranta lunghissimi anni.
Corporatura imponente, si reca allo stadio in vespa e nel tragitto chi lo riconosce non può fare a meno di lanciargli un “Daje Roma! Daje”. Il suo ingresso in curva diventa un rito per tutti: entra a un quarto d’ora dall’inizio al centro della curva. Tutti lo acclamano e lui saluta, stringe mani, accarezza il capo dei bambini come fa il Papa in Vaticano a mo’ di benedizione e si dirige verso il suo posto.
Dal suo muretto lancia il grido di battaglia, il suo classico ”Daje Roma! Daje”, e attende che la folla gli chieda il discorso. Spesso si fa anche pregare molto prima di farlo. Ormai è una star, lui sa che la folla ama gli uomini forti. Lui sa che la folla è femmina. Allora, con quella voce da capopopolo, con le mani sui fianchi, inizia i suoi discorsi su Roma e la Roma cui seguono grandi ovazioni in crescendo: “Stammatina pioveva (ovazione della folla), ore c’è il sole (ulteriore ovazione), c’è il sole per salutare la Roma (grande ovazione), che è grande e bella (boato) e che oggi vincerà (grande boato) Rrrroooma!!!”.
Stesso canovaccio per le partite in trasferta: i discorsi si concentrano sulle bellezze della città ospitante e finiscono con un colorito e pittoresco “Epperò, je romperemo er culo”!
Dante ha un fisico imponente e una voce importante. È semplicemente autentico, schietto e gioioso. Ostentatamente e ostinatamente fazioso quando si parla della Roma, come ogni buon romanista sa essere, ma profondamente semplice.
Diventa il simbolo dei tifosi giallorossi degli anni sessanta e primi anni settanta, poi il tifo organizzato prende il posto del tifo estemporaneo e improvvisato di cui Dante è la massima espressione. Il suo impegno non viene però meno; si dota di un altoparlante e insieme ad altri capi tifosi guida la curva.
Si narra anche che grazie all’interessamento dei dirigenti giallorossi riesce ad avere un “posto” nella Nettezza Urbana. Conosciuto e rispettato da tutti, sia dalle vecchie generazioni di tifosi che con lui avevano condiviso tante battaglie, sia dai più giovani che ne avevano appreso le “gesta”.
Scompare il 4 Novembre del 2000 pochi mesi prima della conquista del terzo scudetto.
Il giorno successivo la Roma gioca a Brescia con il lutto al braccio.
Il 9 Novembre contro il Boavista la Sud, la sua curva, gli dedica uno striscione: “Daje Roma Daje…Dante ti guarda”.
Il 12 Novembre, prima di Roma–Reggina, la sua vespa trova un “parcheggio” sotto la curva Sud. Un Totti commosso depone un mazzo di fiori. Fiori giallorossi. Lo stadio è in lacrime.
Anche Luigi Ceccarelli, studioso della storia anche minuta di Roma e facente parte del Gruppo dei Romanisti, gruppo attivo dal 1929 che ha l’obiettivo di tenere desto in ogni campo lo spirito della romanità e mettere in luce il suo patrimonio storico-artistico, le sue vicende, i suoi uomini illustri, le sue tradizioni nonché il suo dialetto, ha trovato necessario inserire Dante in una pubblicazione del 2004 dal titolo Gente di Roma, dedicando ben due pagine alla sua storia.
Se sei romano e romanista l’unico e vero Dante non è colui che ha scritto una storia iniziando con “Nel mezzo del cammin di nostra vita…”, ma colui che ha scritto una storia che inizia con “Daje Roma! Daje”.
(foto asromaultras.org)