30/11/2015 18:04
LAROMA24.IT (F. BARANELLO) - Il 30 novembre 1965 nasce a Ilhèus in Brasile, nello Stato di Bahia, Aldair Nascimento do Santos.
“Pluto”, così è soprannominato per la sua andatura felpata e ondeggiante, associa alla grinta anche classe ed eleganza, pur essendo un difensore. Colpo di testa e senso dell’anticipo le sue doti migliori. Carattere serio e riservato si distingue in campo per la sua correttezza.
Cresciuto nel Flamengo, raggiunge il Benfica di Eriksson nel 1989 con cui disputerà la Finale di Coppa dei Campioni vinta poi dal Milan di Sacchi.
Giunge a Roma nell’estate del 1990 e sarà uno degli ultimi acquisti del Presidente Viola, che scomparirà nel Gennaio successivo.
Esordisce in maglia giallorossa il 9 settembre 1990, Roma – Fiorentina 4-0. Nella sua prima stagione all’ombra del “Cuppolone” arriva in finale Uefa nello sfortunatissimo doppio incontro con l’Inter. Delusione parzialmente mitigata dal successo in Coppa Italia.
Il 25 novembre 1992, nel match contro il Galatasaray valevole per gli ottavi di finale di Coppa Uefa sigla una doppietta: “Due prodezze del brasiliano Aldair hanno scacciato le streghe dall'Olimpico e consentono alla Roma di puntare su Istanbul con ragionevole ottimismo. La prima al 60’ con un diagonale di destro quasi dalla linea di fondo e la seconda, al 91’, con una fucilata da venticinque metri, hanno aperto e chiuso il conto con il coriaceo Galatasaray” (La Stampa, 26 novembre 1992).
Il 12 giugno del 1993, nell’incontro di andata della Finale di Coppa Italia persa 3-0 con il Torino, si scontra con l’attaccante Silenzi: rottura del legamento crociato anteriore del ginocchio destro. Dovrà fermarsi per ben otto mesi. Torna in tempo per il finale di stagione con la Roma e per disputare Usa ’94 da attore protagonista laureandosi Campione del Mondo nella finale ai rigori proprio contro l’Italia.
Il 15 gennaio 1995 è purtroppo protagonista di uno strano episodio. Un episodio al limite del grottesco. Si gioca al “Delle Alpi” Juventus - Roma: la giornata è gelida e molti giocatori fanno uso di guanti di lana per proteggersi dal freddo. Ovviamente li indossa anche Aldair. Intorno alla mezz'ora del primo tempo “Pluto” s’incarica della battuta di una rimessa laterale. Il guardalinee, proprio nel momento di effettuare la rimessa, lo urta involontariamente e, complici anche i guanti, serve erroneamente il pallone a Ravanelli che insacca facilmente. Grandi proteste ma nulla da fare.
Durante gli anni di permanenza in giallorosso si alternano molti allenatori: Ottavio Bianchi, Boskov, Mazzone, Carlos Bianchi, Liedholm, Zeman e Capello. A parte qualche episodio con Zeman ha un buon rapporto con tutti.
Nell’estate del 1998 lo spogliatoio lo elegge Capitano. Lui accetta la fascia, ma lo fa con qualche riserva. Le sue riserve nascono dal fatto che quella fascia avrebbe dovuto adornare il suo braccio con qualche stagione di anticipo. E invece nessuno lo ha mai preso in considerazione, almeno sino a questo momento. Questa delusione è talmente grande che, nel momento in cui glielo propongono, non è più interessato. Nel ritorno da Bergamo per la partita di Coppa Italia con l’Atalanta, dove dopo la sostituzione in polemica con Zeman getta la fascia a terra, passa il testimone a Francesco Totti. Un passaggio di testimone ancora valido.
Nel 2001 finalmente il sogno inseguito dal giorno del suo arrivo nella capitale diventa realtà. Nella stagione tricolore, a trentacinque anni, riesce a collezionare 15 presenze. Gli sarà negata la soddisfazione di giocare Roma-Parma per l’infortunio patito il mese prima contro l’Atalanta. Chi più di lui lo avrebbe meritato. Avrà comunque modo di sfoggiare quel pezzo di stoffa tricolore sulla maglia.
Le sue tredici stagioni in giallorosso sono un romanzo d’amore: molti più alti che bassi, tanta determinazione, professionalità e classe in stagioni in cui la “rosa” non era sempre all’altezza della situazione. Tredici anni, 436 presenze, 20 gol sono i numeri di quest’amore con la città e i tifosi.
Il 2 giugno 2003 l’addio alla Roma nell’emozionante “Aldair Day”: una rappresentativa della Roma composta dai compagni di squadra della sua lunga militanza giallorossa e una del Brasile con i compagni del vittorioso Mondiale del 1994. Giro d’onore e applausi congedano il campione da Roma. I suoi tifosi gli dedicano 2 striscioni: “Roma ti acclama….la Sud ti onora” e "Per 13 anni la nostra maglia hai onorato... Nel nostro cuore un posto ti sei conquistato!".
Dopo questa partita la casacca numero 6 della Roma, anche se in maniera non ufficiale, viene ritirata per 10 anni. E’ l’unico giallorosso cui è stato concesso questo onore. Nel 2013 la numero “6” trova un nuovo proprietario: Kevin Strootman.
L’ingresso nella Hall of Fame, avvenuta nel 2012, è una pura formalità.