11 SETTEMBRE 2001 - 15 anni fa il ritorno in Champions nel giorno più triste

11/09/2016 15:09

LAROMA24.IT (F. BARANELLO) - Ci sono date che cambiano la storia, date in cui l’anno di riferimento diventa superfluo. Basta dire “l’11 Settembre” … non è necessario aggiungere altro. È una data in cui il terrorismo va in onda in diretta TV perché questa è la strategia perseguita dagli attentatori. Contro le torri del World Trade Center di New York si schiantano due aerei. Un terzo colpisce il Pentagono. Un quarto aereo infine precipita in Pennsylvania. Le immagini di morte, sofferenza e distruzione fanno velocemente il giro del mondo e si accomodano a casa nostra, accanto a noi. Il mondo è sconvolto. Niente sarà più come prima.

A Roma, nello stesso momento, si è in clima pre-partita. Non una partita qualsiasi, ma Roma - valido per sognare la coppa con le grandi “Orecchie”, la . Una partita attesa da oltre 17 anni. Si perché tanti ne sono passati dal 30 Maggio. E anche questa è una data in cui l’anno non è necessario. Una data riecheggiata chissà quante volte nella testa di Agostino.

Sembra ovvio, vista la proporzione dell’accaduto dall’altra parte dell’Oceano, che non si giochi, è chiaro. E poi chi può mettere la mano sul fuoco che non ci siano altre azioni simili in luoghi di grande affollamento come uno stadio? Figurati, non si gioca è chiaro. È un problema di sicurezza, di rispetto per le vittime, certo che non si gioca. Invece no. Il Presidente di Lega Carraro e Franco Sensi vorrebbero rinviare la partita, sarebbe cosa buona e giusta, ma l’Uefa impone il suo volere: lo spettacolo deve andare avanti, chi non scende in campo rischia lo 0-3 a tavolino.

Nel frattempo le “Torri Gemelle” bruciano e molti che sono intrappolati si gettano senza nessuna speranza nel vuoto. Immagini forti. Poi il crollo. Le Torri implodono, si sbriciolano su se stesse. Si conteranno circa 3.000 vittime in questa giornata d’inferno.

Tra mille dubbi, conferme e smentite l’Olimpico comincia a riempirsi, ma l’atmosfera è surreale e non si parla d’altro: quelle immagini lasciano il segno. C’è anche paura che lo stadio possa essere un obiettivo sensibile e gli sguardi spesso vengono rivolti verso il cielo con l’intento di carpire eventuali minacce. Si va avanti allora con la lettura delle formazioni, il minuto di silenzio. I giallorossi sfiorano il gol nel primo tempo con e Batistuta. Nel secondo tempo i Blancos salgono in cattedra e trafiggono Pelizzoli per ben due volte. Al 73’ batte Casillas su rigore concesso per fallo su Zebina. La partita finisce così, 1-2 in favore degli spagnoli.

Indipendentemente dal risultato, il calcio forse ha perso un’occasione come lo stesso Capello dirà al termine della gara: “Ero convinto che non avremmo giocato e questo era anche il pensiero dei ragazzi. Sarebbe stato più giusto dare un segnale al mondo intero: dovevamo fermarci a riflettere su quanto accaduto e su quelle che potranno essere le conseguenze” (Cit. La Stampa, 12 settembre 2001). Franco Sensi è dello stesso avviso: ”C’era l’ordine pubblico da salvaguardare, ma per me la partita non si doveva giocare. Dalla fine della guerra non ricordo niente di più tragico” (Cit. La Stampa, 12 settembre 2001).

Il “Circo” del calcio, ancora una volta, decide di non fermarsi di fronte alla morte. Lo spettacolo deve andare avanti, a qualunque costo. Ci vengono in mente i versi di Cesare Pascarella, riferiti a due trapezisti morti durante un numero: “Li portorno via morti, poveracci. Sur sangue ce buttorno un po’ di rena e poi vennero fora i pajacci”.