20/10/2016 16:05
LAROMA24.IT (F. BARANELLO) - Nel celebre inno di Campo Testaccio c’è una strofa, l’ultima, spesso dimenticata e che non viene più cantata: 'Semo giallorossi e lo sapranno tutti l’avversari de st’artranno. Fin che Sacerdoti ce stà accanto, porteremo sempre er vanto, Roma nostra brillerà'. Potrebbero bastare queste poche righe per capire cosa abbia significato Renato Sacerdoti, uno dei presidenti più importanti della storia giallorossa.
Nato a Roma il 20 ottobre 1891, è uno dei pionieri del calcio romano oltre ad essere tra i padri fondatori dell’AS Roma. È nella dirigenza del Football Club di Roma, o Roman utilizzando una modalità prettamente anglofona, una delle tre società che danno vita al sodalizio giallorosso. Il suo nome figura nell’ormai famoso documento conosciuto come “Ordine del giorno n.1” del 22 Luglio 1927, a firma Italo Foschi, con il quale si definiscono e distribuiscono le cariche sociali. Il nome di Sacerdoti è presente, e non poteva essere diversamente, nella “Commissione di Finanza”. È lui infatti a concedere un finanziamento di cinquecentomila lire oltre a un avallo di garanzia per un ulteriore prestito di cinquantamila concesso dal Banco Crostarosa. Questo è il suo primo atto da romanista. Questo è il suo primo atto d’amore verso i colori giallorossi. Collezionerà tredici stagioni alla presidenza della società capitolina suddivise in due mandati, 1928/35 e 1951/58, risultando secondo solo a Franco Sensi in termini di longevità nella carica di Presidente.
Nel primo mandato ha il difficile compito di sostituire Italo Foschi e grazie alle sue doti di leader, unite a capacità organizzative, oltre a quelle finanziarie, inizia la sua fiera e orgogliosa gestione dell’AS Roma.
“Papà è stato, ed è tuttora, il mio grande amore”, ci racconta la figlia Dott.ssa Mariella Sacerdoti, “E il grande amore di papà è stato la Roma”. La signora Sacerdoti, una splendida e gentile signora, ci riceve nella sua casa. Appena varchiamo la porta il nostro sguardo si posa su una targa: “Gli ex calciatori della A.S. Roma in memoria del loro presidente Renato Sacerdoti - Frascati 21 - 06 - 73”. Una targa al “Sor Renato” due anni dopo la sua scomparsa. Vicino alla targa un piatto d’argento: “I ragazzi della A.S.Roma al loro Presidente – Roma 12 11 1956”. “La Roma era una grande famiglia” esclama la signora Sacerdoti “Ci si incontrava con i giocatori e i loro cari. Ma anche con tutti quelli che a vario titolo lavoravano nella società. A Natale per tutti i bambini di questa grande famiglia c’era sempre un pensiero. Papà poi aiutava sempre tutti. Ricordo anche di come s’impegnò per ottenere l’assistenza da parte della F.I.G.C. per Amos Cardarelli ammalatosi gravemente. Lo aiutò molto”. Quella targa e quel piatto rappresentano questo, l’amore dei suoi giocatori.
Nella prima campagna acquisti della sua gestione Sacerdoti ha il grande merito di riportare nella capitale, verso la sponda giusta questa volta, Fulvio Bernardini. Il suo nome è anche legato alle intramontabili e leggendarie stagioni al Testaccio da lui fortemente voluto e realizzato. Famose sono le sue reazioni in occasioni particolari e dopo alcune sconfitte. Se necessario sa prendere decisioni forti e impopolari ed è in grado di infliggere pene severe anche se i destinatari dei provvedimenti sono nomi altisonanti dello spogliatoio. È il caso di Bernardini e Ferraris IV che, rei di aver guidato alcuni compagni ad un ammutinamento, ricevono sette mesi di fermo il primo e due il secondo, successivamente condonati per l’intervento della Federazione.
Nel 1935 è costretto a cedere il timone della società, accusato di aver compiuto alcuni movimenti valutari considerati illeciti dal regime fascista, ma fondamentalmente per le sue origini ebraiche. In seguito viene mandato al confino.
Il sogno Scudetto diventa realtà nel 1942 quando Sacerdoti però non è in società: ne gioisce ma il rammarico è grande. Dopo l’8 settembre del ’43, per sfuggire alla cattura, si rifugia dai frati nella Chiesa di San Pietro in Montorio: “Qui, indossati gli indumenti talari, fece una vita di grande povertà e sacrificio. Rimase con i frati per oltre un anno”, prosegue la signora Sacerdoti, “Fu un’esperienza davvero dura, anche per me. Ho ancora negli occhi quella volta che lo vidi, con i sandali ai piedi. Fu davvero scioccante per me che ero una bambina”.
Nel 1949 ottiene, dopo una causa, il reintegro nel club divenendone vicepresidente. Sua l’idea della “Tessera Vitalizia” dove si ha diritto, dietro un corrispettivo, al voto in assemblea e a frequentare la sede sociale, oltre ovviamente all’ingresso allo stadio. Una sorta di primordiale “Azionariato popolare”. Nel campionato 1950/51 la Roma conosce l’onta della serie B: “Ricordo i giorni della retrocessione, e ricordo le pressioni di Giulio Andreotti affinché mio padre tornasse a fare il Presidente. Papà non era convinto, diceva che non aveva più voglia. Poi il suo senso del dovere e in modo particolare l’amore che nutriva per la Roma lo portarono ad accettare di nuovo l’incarico. A Verona, l’ultima giornata, conquistammo il punto necessario per tornare in A. Che festa, che giornata. Andammo in treno ad inseguire un sogno. Io c’ero, io ero sempre presente. Figuriamoci cosa sarebbe accaduto in caso contrario; con papà già normalmente se la Roma perdeva regnava il silenzio in casa, non si poteva parlare. Al contrario, quando vinceva, potevamo fare anche qualche richiesta”, racconta la signora Sacerdoti.
Nel 1953, durante una riunione di tifosi tenuta a Testaccio dichiara con il suo classico tono: “Poche ore fa, prima di venire tra voi, sono stato informato che uno dei più grandi giocatori del mondo, vestirà, all’inizio del torneo, la maglia gloriosa della Roma…”. La folla a stento riesce a trattenere il fiato. Un tifoso grida, interrompendo le parole del Presidente: “Dicce er nome…”. “Porta lo stesso nome del nostro beneamato Presidente del Consiglio”, risponde ad alta voce Sacerdoti. “Alcide” fa eco la folla. Si ode di lontano qualche Palmiro ed anche un Pietro, ma Sacerdoti copre tutte le voci: “E’ Alcide Chiggia, campione del mondo, con la nazionale dell’Uruguay…” (Cit. Vita segreta della Roma, G. Tramontano, 1964). E a Roma si sogna di nuovo.
In questo suo secondo mandato riesce a trasformare la Roma in una Polisportiva importante: alla sessione calcio affianca il Rugby, il Basket, l’atletica leggera, il nuoto e la pallanuoto con la quale vince lo scudetto.
Purtroppo non riesce a costruire una squadra che possa lottare per i primi posti, come gli riuscì nel periodo di Testaccio. Comincia a montare anche una certa “protesta” nei suoi confronti. Nel 1958, a causa di un delicato intervento agli occhi, lascia la presidenza. Rimane dirigente della Roma sino al 1967. Viene a mancare il 13 ottobre 1971.
La signora Sacerdoti ci mostra altre “reliquie”. Nei suoi occhi traspare l’emozione del ricordo. Ci guarda, con quell’aria di chi ti sta preannunciando una frase importante, e lo è: “Io la Roma la sento sulla pelle” e si passa una mano sul braccio. Ci avviamo verso la porta, ringraziamo. Salutiamo con una convinzione: anche se non è più tra noi, da lassù “Sacerdoti ce stà accanto, porteremo sempre er vanto, Roma nostra brillerà”.