30/11/2016 16:34
LAROMA24.IT (F. BARANELLO) - “Potremmo avere la possibilità di rivolgerle alcune domande?”, chiediamo telefonicamente ad Alberto Ginulfi dopo esserci presentati. “Con piacere” ci risponde. Ginulfi nasce a Roma il 30 novembre 1941 e proprio in occasione della ricorrenza del suo compleanno decidiamo di incontrarlo. Lo raggiungiamo quindi nella sua casa a Castel Gandolfo. Ci riceve come se davanti avesse dei vecchi amici. Del resto noi lo siamo, lo conosciamo bene per aver letto la sua storia, per aver visto le sue foto e i suoi filmati. Lui per noi è di famiglia. Di quella stessa famiglia che unisce tutti i tifosi della Roma. Anche la sua signora, la splendida e gentile Maria Rita, fa di tutto permetterci a nostro agio: cortesia e modi gentili ci circondano.
Come nasce il desiderio di giocare in porta? “Una vocazione” ci risponde Ginulfi,” Il ruolo non lo scegli, è solo una vocazione”. Questa è la sua verità, giocare in porta è una vocazione. Una vocazione che nel 1958 porta questo ragazzo, cresciuto nel quartiere di San Lorenzo, verso le giovanili della Roma. Il suo primo successo è nella stagione 1959/60: Campione d’Italia con la Roma Juniores, antesignana della “Primavera”. “Una gran bella squadra, una grandissima soddisfazione” ci dice mentre ci mostra la maglia di quella stagione. Una reliquia fatta di un tessuto che nulla ha a che vedere con le maglie di oggi. Non ha il Dri-FIT o il tessuto mesh che aiutano la traspirazione. Non controlla né la sudorazione né l’aspetto termico. È una vecchia maglia che ha combattuto molte battaglie. Detersivo e ferro da stiro ce la consegnano, dopo oltre cinquantacinque anni, piena di fascino e pronta per una nuova sfida.
Il 28 ottobre 1962 l’esordio in serie A contro il Vicenza all’Olimpico. Un esordio amaro dove la Roma perde di misura in una partita davvero stregata. Pochi giorni dopo però riesce ad avere maggior soddisfazione andando a vincere per ben quattro reti a zero in casa del Palermo, mitigando la sconfitta dell’esordio. Al termine del Servizio di Leva, con il quale “perde” due anni, si ritrova a fare molta panchina poche apparizioni in campo. Avere due mostri sacri di fronte, Cudicini prima e Pizzaballa poi, non favorisce il suo inserimento. Certo, da loro apprende molti segreti del mestiere.
Nel 1968/69 arriva la grande occasione e non se la fa sfuggire, Alberto è pronto. Il “Mago” Herrera, impressionato per ciò che vede in allenamento, decide di puntare su di lui. Ginulfi lo ripaga sul campo e accompagna la squadra, con le sue prestazioni, a conquistare una storica Coppa Italia. È un portiere sicuro e affidabile, molto attento e di moderna ispirazione, come lo definiscono le cronache dell’epoca. Da questo momento in poi è il portiere titolare. Anni di speranza che diventano realtà. Finalmente il sole spunta deciso sulla sua carriera. Nel ’72 ha anche la soddisfazione di alzare al cielo la Coppa per la vittoria del Torneo Anglo Italiano, coppa prestigiosa per l’epoca.
Ha un rammarico evidente per essere arrivato in semifinale di Coppa delle Coppe ed essere eliminato per un assurdo regolamento e una monetina beffarda. Il 3 marzo del 1972 si rende protagonista di una parata destinata a diventare leggenda. Il Santos è in tournee in Europa. Una delle tappe è Roma. All’Olimpico si danno appuntamento in 70.000 sotto una luna splendente. L’afflusso sorprende e ai botteghini si forma una grande ressa. Il Presidente Anzalone ordina di aprire i cancelli per evitare che possa accadere qualcosa di spiacevole ai tifosi. Non mancheranno comunque incidenti e feriti. La partita inizia con mezz’ora di ritardo. Una partita che finirà 2-0 in favore dei brasiliani, ma quello che ci interessa accade al 36’. L’arbitro concede un rigore al Santos e sul dischetto si presenta “O Rei” Pelé. “Lui fece la finta di mettere la palla alla mia destra”, ci racconta Ginulfi, “invece palla a sinistra e io lo intuisco. Lo paro. Capisci l’attimo, ma è difficile parare un rigore”. Ci mostra ancora una maglia, quella di Pelé. Altra grande, grandissima reliquia. Ci inchiniamo di fronte a cotanta bellezza.
Il volto di Ginulfi si fa cupo quando ci racconta della diagnosi di un problema al cuore per un elettrocardiogramma errato. Gli costa un periodo di oltre due mesi d’inattività, proprio mentre il profumo della Nazionale si faceva più forte. Ci racconta di come Gigi Riva era il giocatore che rispettava e temeva di più. E la partita che ha nel cuore è quella disputata a Torino contro la Juventus nel ’67. La Roma vinse con gol di Capello, “feci una gran partita” ci racconta con orgoglio.
Arriviamo poi sino alla Roma attuale e in particolare alla situazione dei due portieri della Roma: “Mi piacciono entrambi, sono due forti portieri. L’allenatore ha la possibilità di vederli tutti i giorni, ed è nella condizione di poterli giudicare al meglio. Per me però deve essere chiaro che c’è un primo portiere e un secondo, lo trovo più corretto”.
Nel frattempo la Signora Maria Rita ci offre un caffè e il nostro numero “Uno” ci accompagna nella sala dei ricordi. Una stanza situata al piano superiore dove ci sono gli oggetti, le foto, i gagliardetti appesi alle pareti. È un viaggio nel tempo per noi. Qui la memoria e il ricordo prendono il sopravvento e l’emozione è palese, nitida. Giusta. Ci avviciniamo ad uno scatolone da dove “Albertone” ci mostra una raccolta di articoli e ritagli di giornale iniziata dal fratello, ci confessa, e poi da lui stesso continuata. Le mani vanno a frugare nei ricordi. Spunta una foto di Taccola. Un groppo alla gola lo assale. Poche parole con voce tremolante: “Giuliano era un grande amico”. Gli occhi gli si fanno lucidi. Insieme, in silenzio, scendiamo di nuovo le scale. Ringraziamo per l’ospitalità e per il tempo che lui e la sua famiglia ci stanno dedicando. Loro ringraziano noi.
“Vorrei ringraziare tutti i tifosi della Roma” ci dice Ginulfi, “per le continue manifestazioni di affetto nei miei confronti. Vorrei ringraziare anche tutti coloro che mi hanno votato nella Hall of Fame, sono stati tanti. Vorrei ringraziarli tutti”. Quei voti non sono stati sufficienti a farlo entrare nella Hall Of Fame, almeno al momento, ma è entrato, oggi ancor di più, nel nostro Cuore.
Grazie “Albertone”, buon compleanno!