02/09/2017 19:09
LAROMA24.IT (Matteo Salvitti) - Qualcuno cantava che “Roma ad agosto nun è'n bel posto”, tanto più se il tuo passato laziale è rimasto così impresso negli occhi e nella mente di alcuni tifosi da non poter esser dimenticato o superato. Un deja-vù ci riporta indietro di 30 anni, nell’estate del 1987, quando l’allora presidente della Roma Dino Viola, annunciava l’acquisto di Lionello Manfredonia, nonostante le incessanti richieste di una parte della Curva Sud di non prendere il giocatore. La colpa, primordiale, era quella di essere innanzitutto “un laziale” dichiarato, un cavallo di Troia da respingere a tutti i costi, a maggior ragione, se quel peccato originario era stato più volte rivendicato dal giocatore stesso, con dichiarazioni diffamatorie nei confronti dei tifosi della Roma, oltre al reato, vero e per cui era stato condannato, di aver venduto le partite della Lazio. Gli striscioni esposti da una parte della Curva Sud, durante Roma-Ascoli del 26 aprile 1987, "Viola, non ci vomitare Manfredonia", "Viola compra tutti tranne i venduti" lanciarono un messaggio forte e chiaro alla presidenza giallorossa, che ingaggiando comunque il giocatore, diede il via alla spaccatura del CUCS (Commando Ultrà Curva Sud). Due fazioni: da un lato, il G.A.M. (Gruppo Anti-Manfredonia), ovvero il CUCS ‘storico’, dall’altro, il "Vecchio CUCS". Se i primi rivendicavano le loro motivazioni con striscioni che non lasciavano spazio a libere interpretazioni (da "Manfredonia boia, non ti ameremo mai" a "Manfredonia dacci le quote", fino all’emblematico "Manfredonia ti accettiamo", (con delle accette disegnate), il “vecchio CUCS”, così come la maggioranza della Curva Sud, riteneva invece che Manfredonia, essendo ormai un giocatore della Roma, nonostante la fede per i rivali storici cittadini e i problemi con la giustizia, andasse ora sostenuto, come tutti gli altri.
Il culmine di questa vicenda fu raggiunto il 2 settembre del 1987, in occasione dell’incontro di Coppa Italia tra Roma e Genoa, con quella che alcuni giornali definirono “la guerra civile nel nome di Manfredonia”. A pochi minuti dalla fine della partita, lo striscione
innalzato dal G.A.M. “indegno, levati quella maglia”, scatenò una rissa tra tifosi che si concluse con un accoltellato, Marco Biagiotti, che descrisse così quella circostanza beffarda: “Ero in curva, sotto lo striscione Anti-Manfredonia, questa è stata la mia sfortuna. Ma
io guardavo la partita non potevo capire quello che accadeva alle mie spalle. Per tutta la gara ho sentito cori, urla, contestazioni. All'improvviso due gruppi sono partiti all'assalto, io mi sono trovato prigioniero, era impossibile scappare....”. In seguito ai fatti del 2 settembre, le due parti si divisero equamente la Curva: al “vecchio CUCS”, il lato della Tribuna Monte Mario, al G.A.M. quello della Tribuna Tevere. Quest’ultimi, in segno di protesta, decisero così di portare avanti la loro battaglia con uno ‘sciopero del tifo’, che durò fino alle scuse ufficiali di Manfredonia, arrivate nel novembre dello stesso anno.