28/05/2018 16:02
LAROMA24.IT (Daniele De Angelis) – E’ mai possibile dimenticare un amore lungo 25 anni? E’ una domanda retorica, ovvio che non lo è. Ogni ferita si rimargina, ma i ricordi non si possono chiudere in un cassetto. Per certe storie d’amore non esiste l’oblio. E una di queste è quella tra Francesco Totti e la Roma. Un anno fa, il 28 maggio 2017, l’ultima partita giocata con la maglia giallorossa. Un amore non certo finito, visto che Totti è ancora dove è sempre stato, cioè a Trigoria, ma con un'altra veste. E perché 365 giorni non bastano a mettere da parte nella memoria il calciatore più rappresentativo della storia del club. Ma non basterebbero nemmeno altri 25 anni.
IL LUNGO ADDIO – Quel 28 maggio è stato solo l’epilogo. Perché l’ultimo anno e mezzo da giocatore è stato segnato da polemiche quasi a cadenza quotidiana. C’era stato lo scontro frontale con Spalletti, culminato con la ‘cacciata’ da Trigoria. C’erano stati i gol che avevano tenuto in corsa la Roma per un terzo posto quasi insperato. E poi l'ultimo anno, condizionato da infortuni, sparute apparizioni e discussioni continue sul suo futuro. Qualche settimana prima c’era stato lo sgarbo di Milano, quando Spalletti negò al Capitano una ‘passerella’ a San Siro, stadio che lo aveva visto più volte protagonista. Perché Totti è la Storia della Roma, quella con la ‘S’ maiuscola, non un semplice calciatore. E la gestione del suo ultimo anno è stata una patata bollente, nel senso più letterale del termine. Una questione che avrebbe lasciato cicatrici su chiunque se ne fosse occupato e che, giocoforza, nessuno voleva avere tra le mani. Ci ha pensato Monchi, l’ultimo arrivato in casa giallorossa, a prendere di petto la situazione: “Questo sarà il suo ultimo anno da calciatore, poi continuerà da dirigente"
IL LUNGO TRIBUTO – Il giorno dell’epilogo, quello che ogni romanista avrebbe voluto tardasse il più possibile, è poi arrivato. C’è Roma-Genoa, si decide tutto per il secondo posto e per il pass per la Champions. Da settimane l’Olimpico è esaurito in ogni ordine di posto, la Lega Calcio ha fissato il calcio d’inizio per l’orario canonico delle 15 di domenica (curiosità: da quel giorno non è più successo). Il giorno prima a Trigoria c’era stato l’ultimo commosso saluto ai tifosi. Il colpo d’occhio è pazzesco: su ogni posto c’è un cartoncino colorato con il suo nome e il numero 10, la coreografia della Sud che afferma senza alcun timore di smentita che “Totti è la Roma”, poi striscioni e stendardi, frasi ad effetto che resteranno scolpite nella memoria. Ad esempio “Speravo de morì prima”, la miglior sintesi del pensiero di ogni tifoso. Oppure “non piango perché smetti, ma sorrido perché ci sei stato”, come recitava lo striscione esposto a Trigoria il giorno prima. E poi i messaggi di celebrazione da tutte le parti del mondo, tanto per ricordare ai suoi detrattori la vastità di quel Raccordo Anulare in cui volevano racchiudere i suoi confini.
LA PARTITA E IL COMMIATO – “Entro, segno e li porto in Champions”. Totti si rivolge così a Juan Jesus durante il riscaldamento. La Roma è sull’1-1, Dzeko ha risposto a Pellegri ma non basta, la Roma deve vincere per andare in Champions. A inizio ripresa Spalletti lo manda in campo e l’Olimpico esplode. Non segnerà, ma avrà comunque un ruolo nel successo giallorosso arrivato al fotofinish. Segna De Rossi, Lazovic prova a guastare la festa ma l’ultima parola però è di Diego Perotti e della sua corsa liberatoria a petto nudo sotto la Sud. La Roma è in Champions, obiettivo raggiunto. Ora c’è da affrontare il momento più difficile, quello dei saluti. Totti lo fa con al fianco la sua famiglia. La moglie Ilary Blasi e i figli lo accompagnato nel giro di campo sulla pista d’atletica. I tifosi invocano il suo nome e fischiano Pallotta e Spalletti. Poi l’abbraccio con i compagni di squadra: De Rossi, Florenzi e Manolas i più commossi, in campo c’è perfino Emerson Palmieri, che qualche ora prima su quel campo ci aveva rimesso il ginocchio.
“CONCEDETEMI UN PO’ DI PAURA” – L’ultimo simbolico fotogramma di quel giorno è la fascia ceduta da Totti a Mattia Almaviva, classe 2006, il più giovane capitano delle giovanili giallorosse. Ma prima c’era stata la lettera, l’ultimo definitivo saluto. Parole che ad un anno di distanza fanno ancora arrivare le lacrime agli occhi. “E’ arrivato il momento che speravo non arrivasse mai – l’esordio - Ho letto tante belle cose su di me, ho pianto sempre, da solo come un matto. 25 anni non si dimenticano così, con voi dietro le spalle a sostenermi, nel bene e nel male, anche nei momenti difficili. Voglio ringraziare tutti, anche se non è facile. Sapete che non sono di tante parole, però le penso… E in questi giorni ci siamo messi a tavolino con mia moglie, le ho raccontato un po’ di anni vissuti con questa unica maglia. Abbiamo scritto una lettera per voi. Non so se riuscirò a leggerla, ma ci provo”
“Voi avrete fame, è ora di cena, ma io starei qui altri 25 anni – continua - . Grazie Roma, grazie ai miei genitori, ai miei amici e ai miei figli. Ho iniziato dalla fine, perché non so se riuscirò a finire. E’ impossibile raccontare 28 anni di storia, ho cercato di esprimermi con i miei piedi, grazie ai quali mi viene tutto più semplice. A proposito, il pallone era il mio giocattolo preferito e lo è ancora. Ma si diventa grandi, così mi hanno detto che il tempo va deciso. Maledetto tempo. Lo stesso che il 17 giugno del 2001 avremmo voluto passasse in fretta. Non vedevamo l’ora di sentire l’arbitro fischiare per 3 volte. Oggi il tempo è venuto a bussare alle mie spalle e mi ha detto di crescere”.
“Ora è finita – prosegue Totti – mi tolgo la maglia per l’ultima volta, ma non sarò pronto a dire a basta e non lo sarò mai. Mi scuso per non aver parlato ma spegnere la luce non è facile. Ora ho paura, non è la stessa sensazione che si prova quando si calcia verso la porta. Concedetemi un po’ di paura, ora sono io ad aver bisogno del vostro calore. Con il vostro affetto riuscirò a voltare pagina. Ringrazio tutti quelli che hanno lavorato assieme a me, giocatori, allenatori, presidenti, la Curva Sud. Nascere romani e romanisti è un privilegio, fare il capitano di questa squadra è stato un onore. Smetterò di emozionarvi con i piedi, ma il mio amore sarà sempre qui con voi. Lascio lo spogliatoio, in cui ero entrato da bambino, da uomo. Sono orgoglioso e felice di avervi dato 28 anni d’amore”.
NUOVA VITA - Il “Vi amo!” urlato alla fine ha il sapore di una liberazione. Il resto è storia recente: dopo settimane di incertezza, i rumors su un possibile epilogo negli USA o in Giappone, Totti incontra Pallotta e firma quel contratto da dirigente promesso da tempo. Il primo anno di inattività è passato sempre nello spogliatoio, ma non più da giocatore. L’inizio di una nuova vita, come lo ha definito giorni fa Daniele De Rossi, che ha raccolto il suo testimone: “E' sempre il ca**arone di una volta, però si sta ritagliando questo ruolo che spero ricoprirà in futuro in maniera più importante". Il talento e le giocate ci sono ancora, pure se sono materiale per i nostalgici e per i match tra vecchie glorie. La prima Roma senza Totti è arrivata ad un passo dal sogno, da una finale di Champions, con un cammino europeo che nemmeno il più ottimista avrebbe pronosticato. Gettando le basi per il futuro, usando le parole di De Rossi. E ci piace pensare che tutto sia partito da quel 28 maggio.