19/11/2017 18:09
LR24 (DARIO BERSANI) - Cioè ma la bellezza di chiudere con la difesa a sei? E perché: dentro un centrocampista e fuori una punta? Oppure i calcioni a quella palla fino a mandarlo dalle parti di Strafoggia? No no, c’è Bruno che carica la Monte Mario dopo un tackle vincente.
Anzi no. La Bellezza é una e una sola. La Bellezza è vederli sperare in una rimonta gonfi d’illusione e poi sbiadire come i colori che inutilmente indossano da sempre. La Roma che si difende e stringe i denti ci scaraventa nel vortice emotivo più coinvolgente, all’ennesima verifica del campo. La squadra padrona di se stessa e delle situazioni non porta riguardo e prende a spinte l’avversario, lo prende a pallonate come quel gioco con le palle di pezza contro i bersagli mobili, quelli delle vecchie giostre dell’Eur. Sfonda plessi solari, sbecca costole. Ha la barba incolta di portiere, centrale e mediano, è virile e prepotente.
La Roma prima te batte e poi te gonfia.
Col cingolato Nainggolan che ve passa sopra e Diego che non ve svela la ricetta del calcio manco sotto tortura. No ma correteje appresso una, dieci, mille volte. Tanto se lo buttate giù, si rialza e ve ride in faccia con la palla sotto braccio.
Chissà se si sono parlati, chissà quando. Non importa. L’unica cosa che conta è che di sicuro si sono capiti. La squadra e l’allenatore, il pubblico, tutti insieme con una consapevolezza robusta e infrangibile.
Lucida, paziente, concreta, fisica e matura. Se la Roma è stata questa - e tutto questo è stata - il merito va ascritto ad Eusebio Di Francesco, uscito da vero trionfatore nel suo primo derby da mister. Quello che guida il girone di Champions League davanti a Chelsea e Atletico. Onore al merito. E ora pressamoli tutti, annamoli a pijá più alti. Annamoje dentro casa.
Sotto a chi tocca.
L’Urbe siamo noi.