08/02/2025 15:03
È il 17 giugno 1951, dal palco del Teatro Sistina, il mitico Renato Rascel, tifoso romanista, annuncia quella che ad oggi sarà l'unica retrocessione romanista: "Signori, da questo momento la Roma è in Serie B". Ma non sarà tanto questa la frase a passare alla storia, quanto quella successiva, l'arcinota "la Roma non si discute, si ama".
Da lì a poco, l'affermazione divenne pietra angolare del tifo romanista. Ti amo a prescindere. Ti amo nonostante tutto. Ti amo senza condizioni. Rascel segnò il solco su cui passarono generazioni di tifosi.
Ieri mister Ranieri l'ha rievocata ("Quando andavo io in Curva Sud si diceva: 'La Roma non si discute, si ama' ") aggiungendo: "Adesso non dico che si ami al 50%, ma mi sa che siamo passati al 70-30. Si discute e dopo si ama. E non è bello".
Quello che spesso sfugge è la premessa fondamentale: chi può mettere in dubbio il sentimento, se si dichiara romanista (o della Roma, fate vobis)? Perché giocare annosamente su questo concetto?
Se uno discute il sentimento, va da sé che non si può professare romanista. Se uno discute la fede, non può professarsi credente. Sembra una banalità, ma negli anni questo concetto è stato più o meno artatamente equivocato. Al netto di chi rema sempre contro, dei pregiudizi, dei tifosi delle proprie idee, la critica, e quindi il discutere, è figlia proprio di quell'amore. Ed è scontato che non si critica il sentimento, l'amore, ma chi quell'amore e quel sentimento dovrebbe portarlo in giro per il mondo e custodirlo (ahh, i custodi...).
I dogmi, gli slogan, le frasi degli striscioni contengono messaggi che vanno letti e capiti. 'Mai schiavi del risultato' non significa che per i romanisti la vittoria è secondaria, ma semplicemente che non sono disposti a scendere a tutti i compromessi del mondo per vincere (che per qualcuno, per l'appunto, 'è l'unica cosa che conta'...). Allo stesso modo 'la Roma non si discute si ama', veicola il messaggio che anche (o forse soprattutto) di fronte ad una retrocessione quel sentimento rimane inalterato, anzi forse si rafforza, ma questo non può e non deve condannare il diritto di critica verso chi si è reso responsabile di quel nefasto evento, come una stagione fallimentare. Critico te tesserato dell'As Roma (presidente, dirigente, allenatore, calciatore o chicchessia) che con le tue azioni e i tuoi errori hai portato, per esempio, ad una gestione societaria discutibile o ad una direzione tecnica opinabile, MAI il sentimento e la fede. Sarebbe, come detto, una contraddizione in termini.
Il tesserato che critica chi critica usa il populismo più abietto e più logoro, nascondendosi dietro sentimentalismi e chiamate alle armi, di cui il tifoso della Roma non ha proprio bisogno.
Sembra tutto talmente ovvio e lapalissiano che il fatto che anche un uomo così di buon senso come mister Ranieri abbia cavalcato questo equivoco un po' sconcerta.
Ma, comunque, se proprio dobbiamo ricorrere ad un dogma, che non ha bisogno di interpretazioni e letture tra le righe, riuniamoci tutti intorno al 'TI AMO' semplice, diretto, rivoluzionario by Curva Sud.