26/10/2017 22:16
LR24 (AUGUSTO CIARDI) - Gli amanti del calcio tra le tante anomalie hanno una lavagna mentale divisa in due quando si parla di filosofia. Su un lato c’è scritto Trapattoni & Figli. Sull’altro Sacchi e i suoi discepoli. Con sfumature più o meno grigio-conservatrici o rosso-rivoluzionarie.
Dal lato della lavagna dei sacchiani, alla voce 'Re delle estremizzazioni tattiche che sfociano nel fanatismo', c’e Zeman. Con tanto di sottoinsieme di adepti. In principio fu Delio Rossi. A cascata molti suoi ex calciatori. Fra questi Eusebio Di Francesco. Non spregiudicato come il suo maestro, ma convinto assertore del risultato che passa attraverso un gioco propositivo e una difesa alta. Fino alla scorsa estate.
Poi si è rigirato il mondo, perché la Juventus dalla difesa d’acciaio ha subito il doppio del gol della Roma, che ha realizzato però la metà dei gol fatti dai bianconeri. Di Francesco in A col Sassuolo 3 volte su 4 ha chiuso con una difesa arrivata sotto il quattordicesimo posto (il primo anno in A, 72 gol subiti, ma per cinque match in panchina va Malesani; nel 14-15 57 gol, nel 16-17 63 gol). Soltanto nel 15-16 è arrivato quarto nella speciale classifica, con 40 gol al passivo. Arriva a Roma e la reazione dei molti è figlia dello scetticismo, perché eredita una squadra finalmente equilibrata. Dubbi, parecchi, estivi. Poi arriva il capodanno calcistico. E arrivano i numeri. 5 gol subiti in 9 partite di Serie A, miglior difesa. 4 trasferte 0 gol subiti. Pochissimi tiri verso la porta di Alisson. Un terzo delle partite giocate vinte 1-0. 6 partite senza subire gol. Serve altro?
Fuori Defrel, dentro Fazio per un pezzo di secondo tempo con la difesa a tre contro l’Atletico Madrid. Centrocampisti messi all’ala destra (Nainggolan, Gerson). Quindi? Di Francesco non è più zemaniano ma trapattoniano? E se fosse semplicemente intelligente al punto da rendersi conto che Roma non è Sassuolo e che proprio a Roma si sta giocando, dopo tanti anni di provincia, la sua carriera ad alti livelli?