03/12/2018 17:54
LR24 (AUGUSTO CIARDI) - Finora te la prendevi con la Roma, mandavi in secondo piano gli errori arbitrali pur mantenendo alta la soglia dell’attenzione, perché la Roma era ingiustificabile. Poi il calendario ripropone l’Inter. Come ogni anno. Come quindici mesi fa. E allora cambia la storia. Perché la Roma a differenza di troppe altre partite stavolta è presente a se stessa. Controbatte. Crea. Colpisce un palo. E si merita un calcio di rigore. Negato. Una vergogna. L’ennesima. Il VAR come ammennicolo.
Il mezzo tecnologico tanto invocato che la scorsa stagione comunque aveva dato risposte molto positive, ridotto al rango di fastidio insopportabile. Da miglioria a provocazione. Bentornati nel Medioevo. Si rivedono i sospetti. I soliti sospetti. Rigore negato, capovolgimento di fronte. Gol. Dell’avversario. Cambia la storia della partita, può cambiare la corsa al piazzamento Champions League. Il fischio che manca è quello di Rocchi. Il buon consiglio che non arriva è quello di Fabbri, arbitro VAR per l’occasione. I punti che mancano? Non è dato sapersi. Non mancano i fischi successivi. Quelli dell’Olimpico. Della gente. Che fischia Rocchi, come fosse un ex col dente avvelenato, lo fischia più di quanto fischi Spalletti.
La gente della Roma non ci sta. Si ribella nell’unico modo in cui può. Certificato il livello penoso degli arbitri, tumulato per sempre il VAR, qualcosa bisogna fare. Cambiare rotta. Nel modo di porsi, davanti ai media, abbandonando l’aplomb che non più tardi di due settimane fa ha portato Monchi a definirsi innamorato degli arbitri italiani. Poche ore dopo Rizzoli, capo del VAR, affermava tronfio che il rigore per il calcio di Simeone sulla faccia di Olsen era giusto assegnarlo.
Quindi? Non potendo cancellare la dichiarazione d’amore che fai? Dici che l’amore è finito? E dopo il rigore negato contro l’Inter? Che l’amore è diventato odio?
E infatti a parlare è andato Totti. Vivaddio. Che sia una data spartiacque. Perché la Roma c’ha la faccia da buona. Non si arrabbia quando perde, non si arrabbia quando subisce torti. È tempo di togliere una volta per tutte giacca e cravatta. È tempo arrotolare le maniche della camicia se non addirittura di indossare una canottiera, anche se fosse unta di sugo. I modi british indotti da consiglieri del presidente e le tendenza alla signorilità vanno messi al bando. Il calcio è meschino. Piace perché è come la natura umana, che può essere anche meschina e crudele, sporca e cattiva. Nessun percorso moralmente virtuoso lo cambierà. Il calcio è l’essere umano. Per questo è lo sport più seguito. Perché in fondo non è uno sport.
Esistono tre modi per non raggiungere un obiettivo: il primo rientra nello spirito sportivo: quando si riconosce il merito dell’avversario. Roba da Olimpiadi. Il secondo fa incazzare: quando perdi per imperizia o autolesionismo. Il terzo modo non è tollerabile: quando perdi per mano terza. In tal caso, diventa necessario occupare fisicamente tv e zone miste. Evidenziando l’intollerabile. Sfidando il calcio e la sua meschinità nell’unico modo possibile. Con le stesse armi. Il bon ton non porta trofei. Ti fa passare per fregnone.
@augustociardi - In The Box