01/12/2018 19:23
LR24 (AUGUSTO CIARDI) - Più o meno appassionatamente. Perché un campionato da settimo posto appassiona poco. E ridursi a dicembre ad avere come obiettivo il quarto posto occupato dalla Lazio è anche abbastanza deprimente. Ma tant’è. Se sai che probabilmente verrai bocciato tendi a non volerti fare ulteriormente del male e non auspichi di disimparare a scrivere e a leggere. Ma a salvare il salvabile, magari ti rimandano a settembre e non ti bocciano (vecchio ordinamento scolastico).
Nella Roma è arrivato il momento di guardarsi in faccia. Lasciando a casa la puzza sotto il naso, l’indolenza, il mio calcio e il mio gioco, il mio metodo spagnolo di fare mercato, la sindrome di accerchiamento e la convinzione di essere sempre nella ragione dando per scontato che le critiche siano sempre ricche di pregiudizi. Tutti insieme. Più o meno appassionatamente. Sapendo di poter sempre contare su uno stadio che non ha mai fatto mancare affetto e sostegno. Sapendo che le critiche pretestuose sono figlie di interessi personali piuttosto patetici. Roma è una piazza difficile? Invecchia? Travolge e stravolge? Bugia. E se fosse vero, quella è la porta. Vale per dirigenti, allenatori e calciatori. Anche perché se Roma fa venire le rughe, piazze davvero pretenziose come Milano, Torino o Madrid, alle rughe fanno seguire gli esaurimenti nervosi. Volete serenità totale? Si rescinde il contratto, si sposa la bucolica provincia. Si campa cent’anni. Facile facile. Tutti insieme più o meno appassionatamente.
Domani non è Roma-Inter e men che meno Roma-Spalletti. Domani è Roma-Futuro. Sì, ovvio, questa squadra potrebbe battere l’Inter e poi perdere a Cagliari. Ma domani comunque è un crocevia. Non mancherà nulla. Se non alcuni calciatori. Capita. Capita a tutti. Anche all’Inter. A cominciare da Nainggolan. Tanto si è perso pure con Dzeko. El Shaarawy, De Rossi e con Pellegrini al top. Domani è partita da cornicione della finestra, se vinco torno con le gambe che tremano a poggiare i piedi sul pavimento, se perdo mi butto. Assenze (tante) da una parte. Assenze (un po’ meno) dall’altra. Tifo a favore. Vada come vada.
Domani è il point break. Il punto di rottura. Cavalchi l’onda o ti lasci travolgere. È il calcio. Funziona così. Non ci sono màrtiri. Semmai ci sono martìri. Sportivi. Quelli che allenatori e calciatori fanno vivere ai propri tifosi. Martìri e non màrtiri. Gli accenti sono importanti. Capitolo frasi fatte: “questo è l’ennesimo allenatore che sta per essere bruciato dalla piazza romana, la famigerata piazza romana”. Quella che onniscienti tuttologi sui canali nazionali prendono sempre come esempio negativo, salvo magari guadagnare parlandone, o scrivendo libri. Gli allenatori non si bruciano in piazza. Ma attraverso risultati negativi. O rapporti deteriorati con calciatori e/o dirigenti. Sarebbe ora di smettere di drammatizzare le cose. Una stagione purtroppo può essere fallimentare. In tal caso chi paga? Chi, da sempre, a ogni latitudine e non solo a Roma, paga essendo profumatamente pagato: chi costruisce le rose, chi allena, chi va in campo. Ossia chi da domani può invece invertire la rotta. Non per approdare nel porto della città dell’oro e della seta, perché è troppo tardi. Ma quantomeno per ormeggiare in una baia sicura. Dopo essere rimasti in piedi post point break.
@augustociardi - In The Box