07/10/2019 23:08
LR24 (AUGUSTO CIARDI) - Mentre parte della tifoseria è affranta e distratta dalle vicende di ex allenatori, nuovamente defenestrati, talmente tifosi da andarsene soltanto dopo avere intascato una bella buonuscita, sarebbe opportuno che chi ha ancora lucidità e interesse per valutare col cuore e con la testa le vicende della Roma si stringesse attorno a Paulo Fonseca, che qualcuno molto superficialmente aveva definito italianizzato per determinate scelte tattiche. Paulo Fonseca è la cosa più lontana dall'italiano. E speriamo che Dio lo conservi a lungo in questo stato. Fonseca non si piega alle dinamiche figlie dei salotti televisivi che sembrano osterie, in cui le nefandezze arbitrali subite la Roma vengono liquidate al motto di “è pur sempre un gioco, non diamo il cattivo esempio”. Fonseca ci mette la faccia. Fonseca si ribella. Lui come il direttore sportivo Gianluca Petrachi. Anomalia. Dovrebbe intervenire il presidente, ma vabbè. Non c’è, non parla italiano, arriverà un tweet, farà il solito solletico al Palazzo. Allora spetterebbe all’amministratore delegato. Di stanza a Roma. Assente. Peccato. Occasione persa. Sprecata.
La Roma dovrebbe occupare fisicamente i salotti-osterie televisivi. Avrebbe già dovuto farlo domenica scorsa, perché se si protesta legittimamente quando si vince si ha ancora più voce in capitolo. Nella settimana dei cinque calciatori infortunati, quattro dei quali finiti sotto i ferri, ci mancavano Massa e i suoi fratelli. Che segue Abisso, che imitava Pairetto. Tira una bruttissima aria se non lo si fosse ancora capito. L’Atalanta vola, alla Roma tarpano le ali, mentre molti auspicano il decollo del Milan, che però sembra viaggiare sul Savoia-Marchetti del 1915 pilotato da Lino Banfi, con Paolo Villaggio e Pippo Santonastaso passeggeri terrorizzati nel film Pappa e Ciccia. Serve tempismo anche nelle lamentele. La mancata vittoria causata dagli arbitri era nell’aria. La Roma deve essere vigile, deve leggere il futuro, che non è criptico ma gioca tenendo in mano le carte rivoltate facendo capire anche ai bambini come agirà. Ben vengano le cene coi Roma Club infrasettimanali dove spiegare ancora questioni appartenenti al passato. Poi c'è il presente da vivere ed è molto più importante creare e poi imporre un peso specifico che, purtroppo, oggi ancora manca. Il disastro era annunciato. Prima o poi un arbitro avrebbe rovinato una partita della Roma. Che non ha mai protestato come dovrebbe o quantomeno non con le figure professionali preposte. Fonseca non le manda a dire, ma tre mesi dopo il suo arrivo non possono bastare per fargli affrontare dibattiti concitati, ha bisogno di supporto linguistico. Che sia protetto, che sia accompagnato. Sia tutelato. Di grattacapi ne ha già in abbondanza, causati dai guai fisici da Guinness dei primati. Si formi uno scudo. Che gli consenta oltretutto di restare distante anni luce dal modo di fare italiano. Che a lui straniero chiede sobrietà, ma non si azzarderebbe mai a chiedere a Conte cosa abbia fatto negli anni affinché il calcio non sia quella guerra che ora va denunciando scandalizzato in conferenza stampa. Ma si sa, gli italiani subiscono il fascino dei potenti, predicano bene, meglio se in dialetto, e razzolano male.
In the box - @augustociardi