03/02/2020 19:08
LR24 (AUGUSTO CIARDI) - La Roma non cresce. Perché la più grossa sconfitta gestionale del club è individuabile nel non avere mai saputo trasferire ai calciatori il senso di responsabilità. Un derby giocato bene e pareggiato viene considerato un trofeo. Una semifinale in Champions League viene tramandata ai posteri manco fosse il Triplete. I calciatori? Mai sotto pressione. Roma come Parma, Sassuolo, meno di Udine, da decenni considerate isole felici. Nessuno per dovere si sente in colpa se le cose vanno male. I tifosi sono convinti che a dicembre si siano poste le basi per una seconda parte di stagione ambiziosa ricca di soddisfazioni? Poveri illusi. Inizia l’anno e ricomincia il giro. Senza preavvisi.
La Roma non mette giudizio, eterna Peter Pan, collezionista seriale di minimo sindacale. Fateci caso. Per entrare in Champions League bisogna salire sul podio? La Roma colleziona podi, a volte rischiando di restarne fuori. Champions League allargata? La Roma mette in quarto posto nel mirino, inconsciamente abbassa l'asticella, e se in corso d'opera intravede spiragli per andare oltre, fa subito marcia indietro, senza amor proprio, senza ambizioni feroci, quelle che caratterizzano i vincenti. La Coppa Italia non è una priorità per il club? La squadra si arrende prima ancora di scendere in campo, a prescindere dal l’avversario. Accompagnata e giustificata dalla società che manca di tempismo e interventismo sul mercato di gennaio, ritenendo che, in fondo, la rosa dia buone garanzie, sia "difficilmente migliorabile".
Il rischio? Quello dello scorso anno. I calciatori giuravano a turno che alla fine comunque sarebbero arrivati quarti, manco fosse un diritto inalienabile, il club non mosse una foglia durante la sessione invernale. Risultato? Roma sesta, qualificata in Europa League senza preliminari soltanto grazie alla rinuncia del Milan. I calciatori non hanno mai fatto i conti col bastone dirigenziale, perché chiunque faccia parte e abbia fatto parte dell’organigramma dispensa carote. Tutti intenti a coccolare i tesserati, a cercare cause esterne, ad aggrapparsi a fantomatiche pressioni ambientali. Poi litigano col presidente, se ne vanno, e parte il j’accuse, farcito di “non mi facevano lavorare”, “non si conosce il dolore della sconfitta”. Facile urlarlo quando si è scesi alla fermata a richiesta.
Intanto, la Roma va avanti facendo un passo avanti e due indietro, eterna bambinona che potrebbe ma non vuole, che fa spellare le mani dei parenti quando recita la poesia prima del pranzo di Natale, ma poi appena torna a scuola dalle vacanze si mostra svagata e impreparata, rientra a casa con pessimi voti ma in famiglia piuttosto che i rimproveri trova le zie e la nonna che le carezzano la testa ricordando quanto è stata brava, a Natale, a interpretare la poesia in piedi sulla sedia davanti a tutto il parentado. Il modo peggiore per fare crescere chi è dotato ma non viene mai stimolato, pungolato, fino a essere messo spalle al muro davanti agli obblighi coi quali, prima o poi, chiunque è chiamato a fare i conti.
In the box - @augustociardi