Alza la voce

10/12/2020 13:21

LR24 (AUGUSTO CIARDI) - "Non cerco scuse, è questione di sensibilità, e mi chiedo perché col abbiamo giocato alle quindici? Perché di lunedì sera si gioca -? Serve più attenzione per le squadre che giocano in Europa League". Paulo Fonseca parte sempre dal presupposto che non accampa scuse. Succedeva così anche un anno fa, quando gli infortuni massacravano la Roma, oppure qualche mese dopo quando la proprietà e parte della dirigenza, col club in vendita, abbandonavano il comparto tecnico, lasciando da solo l'allenatore. Però Fonseca senza accampare scuse, e con l'eleganza che lo contraddistingue, non ama fare la vittima dello schiaffo del soldato. Fa sentire la propria voce.

Fu così dopo Roma-Cagliari della scorsa stagione, quando lasciò in panchina, in quel caso, le buone maniere puntando l'arbitro in mezzo al campo; è successo domenica, quando Maresca avrebbe fatto perdere la pazienza pure a un santo. Fonseca non si fa mettere i piedi in testa. Ma continua a essere troppo solo. Da troppi anni la Roma non alza la voce. Quando sarebbe il caso di denunciare che il calendario della Serie A potrebbe accompagnare meglio le squadre impegnate in coppa, oppure quando un arbitro commettere errori palesi che causano danni inaccettabili. Basso profilo, aplomb, voglia di non creare alibi ai calciatori, discontinuità rispetto al modo di fare italiano. Tanti buoni propositi, mille buone ragioni.

Risultati? Pessimi. Perché in Italia chi è troppo buono passa per fregnone. Perché in Italia arriva il momento in cui bisogna togliersi la giacca, arrotolarsi le maniche della camicia e sporcarsi le mani. Che non significa piangere o chiedere favori. Significa semplicemente fare rispettare i propri diritti, significa chiedere rispetto. "La Roma si fa sentire nelle sedi opportune": quante volte abbiamo sentito questa frase? Quali sedi? Quelle che ospitano i summit con gli arbitri? Gli uffici della Lega?

Se queste sono le sedi opportune, è opportuno cambiare sedi. Occupando quasi militarmente di quelle che contribuiscono ad alzare il livello dell'attenzione generale. Le sedi con le telecamere. I salotti televisivi. Quelli in cui spesso va in scena il gioco "tratta la Roma come fosse l'ultima ruota del carro". Quelli in cui fu processato per direttissima dopo una manata al povero Astori non vista dall'arbitro, o dove Gianluca Petrachi, l'unico dirigente che ha provato a farsi valere negli ultimi anni, dopo la solita Roma-Cagliari, fu linciato e quasi sbeffeggiato, per poi essere persino cazziato dal board della Roma per avere alzato troppo i toni. E mentre la squadra pure in Europa subiva vessazioni, parte della dirigenza pubblicamente si congratulava con l'arbitro del match contro il Monchengladbach che nel post gara aveva ammesso di avere commesso un errore imbarazzante.

I Friedkin si sono insediati da poco, troppo poco per fare comprendere se la strategia cambierà, ma è evidente che quella finora attuata non ha portato frutti. Fare i signori non paga, perché non si modifica il DNA di un Paese caratterizzato da campagne elettorali basate sulle urla e sul piagnisteo, da realtà che ottengono giustizia solo se chiamano il Gabibbo o le Iene, o dove si attira l'attenzione soltanto battendo i pugni sul tavolo. La Roma deve imparare a farsi valere. Perché i diritti vanno rivendicati laddove non è automatico che siano riconosciuti.

In the box - @augustociardi75