19/06/2021 13:41
LAROMA24.IT (MIRKO BUSSI) – Innamorarsi d’estate è la cosa più semplice che ci sia. Perché solo al rientro in città ti sarà rivelata la verità. Quando i marciapiedi sostituiranno il bagnasciuga, a lui (o lei) cadrà l’inganno dell’abbronzatura (pregando sia il solo) e quando ti esporranno i benefici di un bagno nell’acqua sulfurea tu, a quel punto, tornerai a percepirne a pieno l’odore marcio che t’era stato nascosto pochi mesi prima.
Capita anche nel calcio, dove nel periodo del cambio di stagione s’incastrano le competizioni per Nazionali. Europei, stavolta. Sostanzialmente una sagra di paese su cui vengono spiattellati effetti speciali da film di fantascienza. Perché, di colpo, per un mese devono farsi squadra manciate di giocatori pescati qua e là che si sono incontrati sporadicamente negli ultimi due anni.
Cosa ne esce? Robin Olsen che s’ingrossa al punto da annettere la Spagna o Patrik Schick, per dirne un’altra, che un po’ è van Basten, un po’ Maradona, finché nell’episodio successivo, insanguinato, sputa il paradenti, si sutura come viene la spaccatura e sbatte all’angolo l’avversario. Tutto vero? Forse. Perché Olsen e Schick, per esempio, qui si sono fatti conoscere e ben poco apprezzare. E, nella vita reale, fanno uno il portiere di riserva dell’Everton, dopo essersi ridotto a farlo già al Cagliari, l’altro un attaccante da una decina di gol in Bundesliga nelle ultime due stagioni, comunque ben al di sopra degli 8, tutto compreso, in due stagioni romaniste.
Perché dovreste indovinare, senza consultazioni googliane, a chi corrisponda il nome di Maris Verpakovskis, attaccante lettone che nel 2004 condusse la propria Nazionale alla fase finale degli Europei dove il nostro (falso) eroe segnò alla Repubblica Ceca con ciancicato tap-in e zittì il pubblico e poi, nello 0-0 alla Germania, seminò tutti i tedeschi d’intralcio fermandosi solo davanti alla sagoma di Kahn. Gesta che gli valsero una chiamata in Liga dal Getafe un paio di stagioni dopo, dove riuscì a segnare appena un gol.
Sempre quell’anno, in Portogallo, a guidare la favola Grecia c’era Angelos Charisteas, 3 gol nel torneo, di cui uno in finale. Giocava nel Werder Brema, passò all’Ajax, poi al Feyenoord, quindi di nuovo in Germania, senza mai dar prove sufficienti del dono realizzativo che lo accompagnò in quell’estate. Oggi, a 41 anni, è vicegovernatore digitale della regione di Salonicco.
Nel 2008, Pavlyuchenko convinse il Tottenham a sborsare oltre 17 milioni per lui. Tornato in Russia dopo 3 anni, oggi viene segnalato allo Znamja Noginsk, che non ha una pagina Wikipedia. Se nel 2012 Balotelli regalava la miglior posa di sé, quella scattata nell’esultanza virulenta alla Germania, ed oggi è decaduto fino alla Serie B italiana, nel 2016 fu l’Inter a vincere la corposa concorrenza per Joao Mario: servirono 45 milioni per accaparrarsi il centrocampista che irradiava, o almeno così si credeva, il Portogallo campione d’Europa. A giugno 2021 si scrive che, controllando le tasche, lo Sporting Lisbona abbia trovato appena 5,5 milioni per riaverlo definitivamente mentre l’Inter chiede che almeno si arrivi a 7,5, per una questione morale prima che finanziaria. Ah, quell’anno, nella formazione ideale di fine competizione c’era Joe Allen nel mezzo. Che oggi gioca nella Serie B inglese a 31 anni.
“Perché non è una buona idea comprare dopo il Mondiale”, regola valida anche per gli Europei, è il titolo di uno dei capitoli del “Metodo Monchi”. Il direttore sportivo che portò a Roma, infatti, Schick e Olsen.
In the box - @MirkoBussi