13/09/2021 18:00
LR24 (AUGUSTO CIARDI) - La corsa di Mourinho sotto la Curva Sud, il gruppo squadra che va a spettinare la cresta di El Shaarawy davanti ai tifosi in delirio, la seconda reazione in tre partite di campionato dopo un gol subito (terza in cinque match se contiamo l'andata in Turchia negli spareggi di Conference League), i capannelli attorno all'arbitro in seguito a decisioni controverse, la grinta storicamente tutt'altro che tipica, il mutuo soccorso, lo spirito di gruppo.
Se dovessimo presentare l'album di Roma-Fiorentina, e più in generale dell'inizio sfavillante di stagione della squadra giallorossa, verremmo abbagliati da una serie di flash iconici. Perché nonostante il suo allenatore ripeta come un mantra che la Roma è la Roma e che nella Roma bisogna identificarsi, è chiaro per tutti che la Roma incarna le caratteristiche di Mourinho. Non soltanto per le peculiarità caratteriali che emergono. Si rischia infatti di sottovalutare un aspetto già ben evidente, per il quale un allenatore maestro nella sintesi ha già inculcato la dottrina nelle teste e nei movimenti dei suoi allievi.
La Roma ha un'identità tattica. La Roma ha schemi che sta già mandando a memoria. La Roma nei giorni di allenamento studia movimenti, in base alle necessità che il match prevede. Nessuno lo dice, diciamolo noi. Il calcio moderno ha diviso la lavagna in due. In una colonna finiscono i cosiddetti pragmatici, volgarmente definiti risultatisti. Nell'altra colonna i tanto coccolati dalla stampa, i giochisti. Mourinho è uno e bino ma fa comodo metterlo a capo dei tecnici che superficialmente vengono etichettati come quelli per cui il fine giustifica i mezzi. Fateci caso. Lui che ha scritto pagine e pagine di tattica vincente a Oporto, viene esaltato per il muro eretto in Champions League a Barcelona e a Londra, quando guidò l'Inter sul tetto d'Europa.
C'è necessità mediatica di creare contrapposizioni. Da una parte Mourinho e un esercito di colonnelli che urlano in faccia ai calciatori indicando loro l'osso da spolpare in campo. Dall'altra parte il Gran Maestro Guardiola che tramanda le sue novelle innovative ai discepoli giudiziosi e visionari. Cazzate. Divisioni artefatte. Mourinho, come altri "pragmatici", propone tattica, disegna schemi. Non si limita a insegnare ai suoi calciatori come si digrignano i denti davanti agli avversari.
Prendete Roma-Sassuolo. I commentatori hanno passato novantatre (più tre) minuti a elogiare il bravo Dionisi, ma ancora più di lui a ricordarci come il Sassuolo campi di rendita perché mantiene nella memoria calcistica le lezioni dell'illiminato De Zerbi. Tutto un incensare il coraggio, le verticalizzazioni, la linea di difesa alta. Sia chiaro, il Sassuolo ha fatto un figurone. Ma esaltando l'ennesimo allenatore "giochista", ancora una volta ci si è dimenticati di evidenziare la bontà della manovra della Roma, che avrà anche sofferto a tratti il gioco del Sassuolo, ma non ha mai perso lucidità neanche a ridosso del fischio finale, abile nella circolazione del pallone per un crescendo che nel secondo tempo ha portato almeno cinque volte al tiro centrocampisti e attaccanti.
Avete notato il gol decisivo? Bello, classico gol alla El Shaarawy, ma il tiro vincente è soltanto una conseguenza, perché quell'azione per quanto concitata non è casuale. E per quanto ci rimanga in testa il tiro a giro, la corsa verso la Sud, l'arrivo di Mourinho a esultare coi suoi ragazzi e i coi suoi tifosi, vi possiamo raccontare che la settimana terribile, quella senza i calciatori convocati dalle Nazionali, Mourinho l'ha sfruttata per mettere a punto alcuni schemi offensivi. Che prevedevano due punte, più due esterni (proprio El Shaarawy e Carles Perez) a supporto che partivano larghi per poi all'evenienza stringere al centro, con la possibilità di inserimento dei centrocampisti incursori per le eventuali seconde palle. Da qui l'appoggio di Shomurodov per El Shaarawy, gol! Schema vincente. Due a uno. Il frutto del lavoro a Trigoria. Trigorìa. Perché la Roma gioca a pallone, sapendo quello che deve fare. Sta vincendo partite di pallone e non gare di rutti e tornei di braccio di ferro.
Non basta? Andate a rivedere il primo gol. Schema su calcio piazzato, difensore spiazzato. Se ad andare in gol in quel modo fosse stata la squadra di uno dei tanti allenatori considerati scienziati, in tv ne avrebbero parlato per ore, avrebbero chiesto a Federico Buffa di raccontarlo in teatro, avrebbero chiesto ad Arrigo Sacchi di organizzare un convegno per spiegarlo bene. Invece no. Lo ha fatto la Roma. E si parla soltanto di grinta, tigna, garra e facce da duri. Sa giocare a pallone la Roma di Mourinho. Pardon, la Roma. Perché se diciamo che è di Mourinho, Mourinho, giustamente, si arrabbia.
In the box - @augustociardi