24/11/2021 18:31
LR24 (AUGUSTO CIARDI) - 9 novembre 1995, praticamente un quarto di secolo fa. Marco Delvecchio passa alla Roma per 4 miliardi di lire. È, ancora per poco, il mercato d'autunno, Delvecchio va a completare un attacco composto da Balbo, Fonseca e dal giovane Totti. Farà la storia della Roma.
Ottobre, novembre o gennaio che sia, c'è un falso storico che va stanato una volta per tutte. Il mercato non è mai di riparazione. Ma di rafforzamento, se esistono possibilità di investimento per ruoli da migliorare. La Roma può essere presa come esempio. Le sessioni extra estive delle contrattazioni, hanno portato fior di campioni, spesso decisivi e non soltanto incisivi durante la prima stagione di ingaggio.
Viaggiamo nel tempo. Gennaio 1997, i tormentoni non nascono soltanto d'estate. Vincent Candela ha ventidue anni, un futuro da predestinato, nell'era ante Youtube è ancora poco noto, ma la Roma lo vuole. L'ostacolo si chiama Salomon, presidente del Guingamp, si mette di traverso il calciatore che va a urlare al suo datore di lavoro, che sembra non voglia cedere, nonostante poco dopo rischi di perderlo a zero per scadenza del contratto. Alla fine il matrimonio si fa, la festa costa 4 miliardi. Candela arriva assieme a Tetradze. Non è complicato capire quale sarà stato l'affare. Delvecchio e Candela, campioni d'Italia. Lo sanno tutti, lo ribadiamo perché vogliamo prendere a picconate la definizione "mercato di riparazione". È soltanto l'inizio.
Gennaio 1998, ecco Antonio Carlos Zago, 7 miliardi e 200 milioni di lire. Quando arriva ha già vestito le maglie più importanti del suo stato, Sao Paulo, Palmeiras e Corinthians, e fatto due puntatine all'estero, all'Albacete e in Giappone. Esordio col rosso, espulso, a Lecce, a febbraio. Poi punto di forza per Zeman e Capello. Perfetto con Zebina e Samuel nella stagione di grazia 2000-01. Campione d'Italia. Pure lui. E sono tre. Mercato di riparazione... saltiamo il 1999, evitiamo di parlare dei 30 miliardi spesi per Fabio Junior, perché un anno dopo, stesso esborso più Aleinichev, arriva Hidetoshi Nakata dal Perugia, un anno e mezzo di classe in campo e fuori, uno dei numeri dodici più importanti della storia della Roma. Campione d'Italia, manco a dirlo.
Siamo all'alba del terzo millennio e la Roma in una manciata di anni nel mercato di riparazione (ridicola definizione) acquista quattro pedine fondamentali per il terzo scudetto. Certo, pure calciatori meno utili (eufemismo), abbiamo già nominato Tetradze e Fabio Junior, ma questo è un altro discorso. Gennaio 2002, acquisto intelligente. Dal Montpellier all'Everton, dal Lens al Leeds, dopo un ping pong tra Francia e Inghilterra, complice un rapporto irrecuperabile con Terry Venebles e un ottimo lavoro dello storico agente Fifa Bruno Satin, arriva Olivier Dacourt (prestito più 6 milioni di euro per il riscatto), apprezzato da Capello, piazzato poi con De Rossi davanti alla difesa da Luciano Spalletti nel primo 4-2-3-1, ante Pizarro, col francese che permise forse per l'ultima volta a De Rossi di non essere troppo ancorato alla fase difensiva, libero di inserirsi e concludere. Una meraviglia. Saltando il fossato dei Tavano, Wilhelmson, Motta e Diamoutene, piombiamo nel gennaio 2010, quando arrivò uno che stava per aggiungersi alla lista dei campioni d'Italia, Luca Toni. Non c'era ancora la moda social degli hashtag #unannodi..., alla Roma stavano per bastare sei mesi dello stagionato campione del mondo per tirare uno scherzo clamoroso all'Inter di Mourinho che poi farà il triplete. Prestito secco dal Bayern, impossibile proseguire per lui con Van Gaal. Peccato non averlo riscattato.
Quindi 2014, prima stagione di Garcia, la Roma vola, in mediana De Rossi, Pjanic e Strootman sono tutto: regia, interdizione, inserimenti, rifinitura, calci di punizione e personalità. Cosa manca? Nainggolan. L'emergente arriva dal Cagliari. 3 milioni per il prestito di cinque mesi, altri 6 per riscattare metà cartellino, più un'operazione lunga e articolata che verrà chiusa un anno dopo per il restante 50%, inserendo anche Ibarbo che in giallorosso farà comparsa. Circa 20 milioni complessivi per uno dei giocatori più amati nella storia recente della Roma. Nel 2014 col belga arriva anche Toloi. Giocherà poco, bene, ha poi messo radici in Italia, ha vinto un Europeo in azzurro. Mica male per un giocatore arrivato durante il mercato di riparazione.
Nel gennaio 2016 Spalletti si ritrova Perotti ed El Shaarawy (che sempre di gennaio tornerà pure nel 2021), utilissimi per tentare la scalata al Napoli dopo l'esonero di Garcia, gente che comunque nella Roma ha lasciato traccia pur arrivando nel mercato di riparazione (ahahah). Gennaio 2020, Fonseca poco prima della pandemia si ritrova Villar e Ibanez, il primo conquista la piazza a ogni controllo palla prima di non trovare sintonia con Mourinho, il secondo con Mourinho è una pedina imprescindibile della difesa.
Da Delvecchio a Ibanez, passando per Candela, Zago, Nakata, Dacourt, Toni, Nainggolan, Perotti, El Shaarawy e Villar. Campioni d'Italia, d'Europa, del Mondo, idoli, calciatori utilissimi. È ovvio che il mercato serva anche per riparare, perché riparare significa migliorare, altrimenti non esisterebbe mercato, neanche in estate. Dare poco peso alla sessione di gennaio significa, per i club, commettere un macroscopico errore. Sminuire la sessione invernale con la definizione mercato di riparazione, significa chiudere gli occhi davanti ai dati di fatto.
In the box - @augustociardi