Zalewski sfida i vecchi

29/04/2022 15:32

LR24 (AUGUSTO CIARDI) - Viviamo nel Paese che offre lavoro ai giovani purché non si azzardino, durante il colloquio, a chiedere informazioni sulla paga, perché "ai tempi miei dovevi prima dimostrare di valere". Peccato che a dirlo sono magari titolari di imprese che ai tempi loro ottenevano contratti a tempo indeterminato a diciannove anni, che gli permettevano nel giro di pochi anni di accedere a finanziamenti per prima casa, automobile e pure per la casa al mare. Oppure a dirlo sono titolari che operano nella ristorazione che l'ultima fattura l'hanno emessa nel 1995, tipo "mi porta il conto per favore?" "ecco dotto' sarebbero 170, mi dia 150", perché il conto lo hanno fatto a matita, sul tovagliolo di carta.

Viviamo nel Paese in cui i ministri, magari del lavoro, chiamano bamboccioni i giovani, li spronano a essere coraggiosi e affamati, durante deliri dialettici in cui credono forse di essere Steve Jobs. Ministri che magari non sanno quanto costi un litro di latte o cinque rosette. In questo Paese, parlando di calcio ci riempiamo la bocca coi vivai, ma poi i ragazzini che escono dal vivaio li consideriamo materiale da cancelleria, utili per recuperare soldi, per far quadrare i bilanci ipervalutandone i cartellini, affinché creino quel plusvalore che una federazione vecchia e dormiente non è in grado di delegittimare, né di combattere, perché troppo spesso nei palazzi istituzionali, e in ogni ambito che conta del nostro Paese, lavorano e si scambiano poltrone i vecchi, spesso incapaci, troppo spesso poco aggiornati o raccomandati. In barba a giovani capaci e qualificati che forse smetteranno di essere considerati giovani quando saranno vicini all'età di una pensione che mai vedranno.

Il calcio del nostro Paese considerava giovane quando veniva chiamato in Nazionale a venticinque anni. È il calcio che viene raccontato tramite i grandi siti che sparano fake news raccapriccianti in home page, perché magari di turno sul sito ci sono stagisti mal preparati e sottopagati, anche a causa delle grandi firme, i vecchi, che troppo spesso oltre a non volere insegnare nulla ai giovani, hanno troppi interessi e privilegi economici da difendere e da portarsi nella tomba per offrire alle nuove leve la possibilità di apprendere e magari per dimostrare di essere più bravi di loro. Poi magari il giorno dopo le imbarazzanti figuracce, le grandi firme in punta di penna scriveranno corsivi taglienti sulla deontologia e sulla decadenza di un giornalismo che essi stessi hanno contribuito ad assassinare. E l'incipit di questi corsivi sarà sempre lo stesso, "ai tempi miei". Magari citando Gianni Brera e Beppe Viola, che se sapessero di essere nominati da alcune di queste grandi firme si rivolterebbero nella bara.

Viviamo nel Paese in cui le generazioni dei "cari e dolci" nonnini hanno costituito lobbies e ordini più utili per limitare e circoscrivere il potere a beneficio dei pochi, perché il potere è tale quando è circoscritto, che per distribuire e regolamentare opportunità. In questo contesto territoriale e mentale incancrenito, non può rappresentare un'eccezione il calcio, a meno che non emerga qualcuno che spezzi l'egemonia ruffiana tipica di un Paese vecchio e per vecchi, o che emerga un giovane nettamente superiore alla media, che giochi a pallone molto meglio di colleghi navigati ed esperti, che spiazzi anche i commentatori pronti a consigliare cessioni in prestito da incastrare in operazioni di scambio piene di fantasia e vuote di attendibilità.

Il giovane però deve anche trovare chi gli dia spazio. E prima ancora chi meglio di chiunque altro sappia plasmarlo. La Roma da due decenni ha il migliore, Alberto , nella preparazione dei ragazzi del vivaio. E ha finalmente in panchina chi il talento lo fiuta con clamoroso anticipo rispetto alla media. La prima stagione di Mourinho potrebbe essere catalogata fra le positive anche soltanto per avere lanciato Nicola Zalewski. Per avere individuato il suo vero ruolo e per averlo imposto, se volessimo vestire i panni dei solerti contabili del calcio, l'attuale valore di Zalewski già oggi ripaga almeno due anni di ingaggio dell'allenatore. In più, gioca a sinistra meglio dei celebrati o degli attesi veterani. Ma è superfluo oggi descrivere Zalewski. Chi ancora non ha compreso che tipo di talento abbia in dote il polacco, rischia di perdersi la fase iniziale della carriera di un predestinato.

In the box - @augustociardi75