06/05/2022 14:44
LR24 (AUGUSTO CIARDI) - Quante volte ci siamo ritrovati a dire, nelle inutili chiacchierate tra amici, che se avessimo i soldi di cui dispongono i ricchi, piuttosto che continuare a produrne altri a ritmi folli, come loro, ce ne staremmo su un'isola tropicale a goderci la vita e il patrimonio? Tante volte, non serve negarlo. Sostituiamo la parola ricchi con la parola vincenti. "Se vinco un trofeo mollo il calcio, me mbriaco per dieci anni, anzi se alzo la coppa posso pure morì". Probabilmente abbiamo pronunciato una dozzina di volte anche questa frase. Chiacchiere tra amici, non sense. Per ingannare il tempo. Che invece i ricchi impiegano per continuare a produrre soldi. E che i vincenti scandiscono in funzione di nuove vittorie. Lo scarico di tensione di Jose Mourinho a fine partita ha lasciato il segno.
Ma come? Il nostro eroe piange come i settantamila dell'Olimpico? Come le centinaia di migliaia di tifosi della Roma a casa a vedere la partita? Lui sta piangendo? O gli sarà entrato un moscerino nell'occhio? Dopo un anno non tutti hanno ancora capito cosa sia uno come Jose Mourinho. Un animale che si nutre di vittorie, ma che soprattutto sa che alla base delle vittorie c'è un lavoro umano che non si esaurisce dopo avere raggiunto nei dettagli l'accordo economico con la sua nuova società. Rispettoso dei presidenti che lo rispettano (a parte un'eccezione, ma in quel caso si è imbattuto nel peggiore presidente possibile), super rispettoso degli ambienti che gli affidano le chiavi di casa, del cuore, e della fabbrica.
Perché quando ingaggi Mourinho gli devi affidare il bastone del comando. Altrimenti è inutile perdere tempo, ti conviene chiamare in panchina uno dei tanti giovani rampanti, tirando quasi a sorte perché puoi ritrovarti in casa un esaltato della nouvelle vague che si è autoconvinto di non essere inferiore a Guardiola, e allora sono dolori, oppure vai dai vecchi mestieranti, scafati sì, ma che appartengono alla categoria del tanto e poi non più. Se vuoi cambiare i connotati alla squadra, al club, al centro sportivo, alle maestranze, e pure alla piazza, prendi uno come Mourinho. Avendo la certezza che non verrà per vanagloria, per svernare o addirittura per distruggere.
Verrà per abbattere, bonificare, seminare, curare e plasmare. A sua immagine e somiglianza. E chi non crede in lui, quella è la porta. Che siano calciatori, dirigenti o impiegati. Quindi se dopo un anno stremante, a una tappa dal traguardo, uno come Mourinho scarica la tensione, devi sapere che fa parte della vita emozionale di un vincente che sente di potere raccogliere un titolo che in una piazza come Roma ne valgono tre. Ma devi sapere anche che qualora riuscirà a metterlo in bacheca, dopo un giorno per lui diventerà una foto da appendere in ufficio, perché il giorno dopo starà già pensando alla tappa successiva, a come impostare il lavoro per aggiungere un altro trofeo.
Così come i ricchi continueranno a pensare a fare i soldi anche dopo avere brindato alla conclusione felice di un affare milionario. È la differenza che passa fra le persone migliori, diverse, speciali, vincenti e il resto del mondo. Anche i ricchi piangono, lo diceva una storica telenovela. Piangono pure i vincenti, anche se le telenovelas del terzo millennio, le serie tv, li dipingono come superuomini freddi e distaccati. Finché ci si ostinerà a cercare di capire quali dinamiche cervellotiche animino i personaggi come Mourinho, ci si allontanerà sempre di più dalla loro realtà. Che rimarrà perennemente diversa da quella della massa. Ma che è molto meno complessa da comprendere. Una volta capito che è tutto molto più semplice di come appare, sarà facile constatare che uno come Mourinho corrode chi non ce l'ha.
In the box - @augustociardi75