27/07/2022 12:46
LR24 (AUGUSTO CIARDI) - Quante belle responsabilità per gli allenatori delle big. Belle quanto pericolose. Crescono le aspettative. La Serie A sarà pure di livello notevolmente inferiore rispetto alla Premier League, per forza media delle squadre ma soprattutto perché in Inghilterra da tre anni ci sono due forze della natura, il Manchester City e il Liverpool. C'è il rischio che cinque punti in più o in meno quest'anno possano significare l'eden o un girone infernale. Viaggiamo secondo l'ordine di classifica dell'ultimo campionato. È più facile affermarsi o confermarsi?
Pioli non starà fondendo il cervello per risolvere l'enigma, ma di sicuro al Milan si chiede di rispettare i favori del pronostico di chi ha appena vinto. Sorpresa parziale 2021-22 tagliando il traguardo per primi, per i rossoneri c'è il semi obbligo di non scendere sotto il terzo posto, a essere generosi. Facile? Più a dirsi che a farsi. Per ora, Origi, già ai box, più il riscatto di Florenzi. A meno di tre settimane dall'inizio, si sfoglia la margherita De Katelaere. Viene o non viene? Nel frattempo il giovane talento belga senza saperlo ha creato talmente tante aspettative che, se venisse, come minimo dovrebbe essere il nuovo Kaka. Anche perché il costo del cartellino non è da scommessa ma da certezza quasi assoluta. La grancassa mediatica ha abbinato chiunque al Milan, da Renato Sanches a Botman fino a Zaniolo, Berardi, Ziyech e Dybala. Trascurando però il particolare dei dissidi e delle problematiche legate al varo(?) della nuova gestione.
L'Inter riparte dai grandi vecchi. Il ritorno di Lukaku più lo svincolato Mkhitaryan. Certezze quasi assolute, loro sì, per la Serie A. Più che un pressure test per la squadra, c'è alle viste una prova senza appello per Inzaghi. Il secondo posto appena archiviato è stato appena tollerato, grazie alla Coppa Italia e alla Supercoppa. Con Lukaku, tutto ciò che non è scudetto saprebbe di bocciatura.
Il Napoli è un caso a parte. Filosoficamente spiegabile come rivoluzione necessaria, politica giusta in tempo di austerity o avvicendamenti funzionali. A oggi, è un ridimensionamento. Insigne, Koulibaly, Ospina e Mertens. Tutti insieme. Alcuni forse dovevano andare via quando certe partenze le auspicava Ancelotti, ma oggi, anche guardando ai sostituti, si il Napoli sa di riduzione netta del livello di una squadra che, mai come stavolta, si affida a un allenatore spesso abbonato ai miracoli in tempo di emergenza. Ma Napoli non è avvezza all'amore verso gli allenatori, eccezion fatta per Sarri. Basti ricordare che i meno citati delle due opere d'arte chiamate scudetto furono proprio i due tecnici, Bianchi e Bigon. Insomma, Spalletti, terzo con merito ma nonostante ciò guardato con diffidenza, se non si inventa qualcosa rischia di togliere i fischi che solitamente Napoli riserva a De Laurentiis. Il rapporto fra i due può essere una bomba a orologeria.
La Juventus ha l'obbligo di tornare a vincere. Lo sa Allegri, lo ha praticamente detto Allegri. A maggior ragione quando prendi Pogba, Di Maria e sostituisci De Ligt con Bremer, che da due anni gioca meglio di De Ligt. E se lo scorso anno Allegri ha fatto più notizia per le discussioni in conferenza stampa, stavolta sa che dovrà far parlare il campo.
Il secondo anno di Sarri, o si accende definitivamente la miccia o si cancella dalle teste il pensiero di un progetto basato su gioco e risultati. La campagna acquisti non sarà da mille e una notte ma raramente la Lazio a luglio ha comprato così tanti calciatori. Giovani promettenti come Cancellieri e vecchi navigatori dei mari italiani come Romagnoli. Sarri ha i riflettori puntati addosso.
Mourinho a forza di influenzare calciatori più di quanto la luna influenzi le maree, sta ottenendo ciò che serve alla Roma per il definitivo salto di qualità. A questo serviva uno come lui. Per questo è stato scelto uno come lui. Ora però sesto e quinto posto non possono essere neanche nominati, questa Roma già così può competere per rientrare in Champions League, se poi arriverà quel centrocampista là, si apriranno orizzonti ancora più grandi. Sarebbe difficile nascondere le ambizioni e abbassare le aspettative. Pane per i denti del portoghese, il più abituato di tutti a giocare sottopressione, molto più di Allegri. Avrà dalla sua le condizioni migliori perché è l'allenatore più in simbiosi con la piazza dove allena, nei limiti del possibile ha carta bianca dalla proprietà, ma sa bene che ogni errore verrà rimarcato a lui più che ad altri, proprio perché è Mourinho. Una sfida che gli fa leccare i baffi e per la quale saprà anche che tipo di strategia comunicativa adottare. Forse rivedremo il Mourinho che individua nemici anche fra i colleghi, perché quest'anno avrà molte più armi per sfidarli.
Firenze è piazza storicamente esigente. Italiano ha ottenuto un risultato eccezionale nella passata stagione, nonostante la perdita di Vlahovic, ma è chiamato ingenerosamente alla conferma. Sa che illustri firme già nell'ultimo campionato non gli hanno perdonato nulla. E sa che anche che il calcio ha la memoria cortissima.
Fateci caso, questa estate si è parlato di Atalanta soltanto una volta. In queste ore. Per il caso doping di Palomino. Dopo tre anni abbondanti di miracolo bergamasco, ci si domanda che ne sarà dell'Atalanta. E molti scommettono su Gasperini principale indiziato per mollare la panchina rispetto ai suoi colleghi d'alta classifica.
In the box - @augustociardi75