24/10/2022 11:42
LR24 (AUGUSTO CIARDI) - Se sono costretti a giocare sempre gli stessi è anche perché l'assurda sconfitta in Bulgaria ha fatto sì che la Roma non sappia, a due partite dalla fine del girone, se riuscirà ad andare avanti in Europa League, quando invece alla vigilia della trasferta in Finlandia al massimo doveva essere in discussione il primo posto. O perché Zaniolo ha rifilato un calcetto di frustrazione a un avversario a palla lontana durante l'andata col Betis, accorciando ulteriormente la rosa, come poteva ieri sera accorciarla Karsdorp addirittura a partita finita.
L'amarezza del post Napoli è constatare come la Roma dopo il gol di Osimhen non abbia saputo riorganizzarsi mentalmente, al punto che, zeppa di attaccanti, meno pericolosi di quelli di una pericolante (la desolazione di contare in campionato due gol in cinque fra Abraham, Zaniolo, Belotti, El Shaarawy e Shomurodov), non è stata capace neanche di creare una mischia atta a fare palpitare i cuori. Poi c'è tutto il resto. Le condizioni fisiche deficitarie si svelano nel dopo partita, fra cambi chiesti (Pellegrini), calciatori in riserva (Karsdorp, Spinazzola) e altri entrati per onor di firma (Matic). Ma c'è anche una panchina che evidentemente non convince l'allenatore, se poi le sostituzioni venivano rimandate di minuto in minuto sperando che non accadesse nulla.
E invece qualcosa è arrivato, e quel qualcosa ha declassato la prova della Roma da concentrata a onesta, da coriacea a limitata. Come quando il Torino tiene botta per un'ottantina di minuti contro la big favorita ma poi al primo squillo dell'avversario di qualità si scioglie e abbozza e borbotta davanti alla sconfitta. Come se la Roma avesse giocato contro il City di Guardiola e Haaland. Ma non era così. Già, perché alla vigilia il Napoli partiva favorito, ma per quello che sta mostrando, costruendo. Oggi forse sarebbe favorito contro il settanta per cento delle squadre che giocano in Europa. Oggi. Perché al pronti via del campionato nessuno, neanche il più ottimista tifoso partenopeo, avrebbe immaginato un bimestre simile. E questo deve fare riflettere.
Perché la Roma deve calarsi nei panni della squadra abile semmai a sporcare la manovra avversaria e nulla più? Davanti non c'era la favorita pluridecorata farcita di campioni di fama mondiale. C'era una squadra che sta mostrandosi forte e bella, ma di partita in partita, e non perché abbia aggiunto fuoriclasse strapagati in un contesto storicamente vincente. Che ci siano due modi opposti di proporre calcio, lo capisce anche un bambino, non esiste un'unica via di sviluppo. Ma in partite del genere non conta come arrivi davanti al portiere avversario. Conta che ci arrivi. E la Roma non lo ha fatto. Sembrava programmata soltanto per contenere. Poi se capita qualcosa là davanti proviamo a sfruttarla.
Ma di questi tempi, con attaccanti meno pericolosi di quelli del Lecce, sarebbe importante avere più di un unico pensiero, più di un'unica postura. Perché contro il Napoli, lo testimonia l'angosciante quarto d'ora finale, recupero compreso, la Roma sembrava non sapere cosa fare col pallone tra i piedi, e doveva pensare più di una frazione di secondo quando c'era soltanto da buttare il pallone nell'area opposta, sperando in una spizzata, in un rimpallo. Un paradosso: come primo input limitare il Napoli, quindi essere coscienti della pericolosità dell'avversario, ma poi non avere un piano per cercare la rimonta semmai l'avversario avesse tratto profitto dalla sua capacità offensiva, cosa probabile vista l'impostazione della Roma, che lo aveva messo in preventivo.
La stanchezza non spazza via ogni responsabilità, semmai allarma come si arrivi stanchi a fine ottobre. Ovviamente per colpa degli infortuni (ma molte delle altre squadre dello stesso campionato non stanno messe meglio), ma anche dell'incapacità della Roma di gestire momenti favorevoli. Perché la Roma capita in un girone di Europa League facile facile ma si costringe a doverlo giocare fino all'ultimo minuto della sesta e ultima partita. E perché in situazioni stra favorevoli tipo la trasferta con la Sampdoria, sblocca la partita dopo pochi minuti ma non è in grado di chiuderla, dovendo restare in tensione fino al novantatreesimo, anche se l'avversario non crea pericoli.
Aspetti da curare più che da migliorare, come la sindrome offensiva. Debellando egoismo e teatralità dalla testa di attaccanti che fanno sempre la stessa cosa, prima, durante e dopo i tentativi fantozziani per andare al tiro. Movimenti sbagliati, tiri spesso inopportuni e sconclusionati, e poi reazioni da sceneggiata di film anni settanta proiettati oramai in televisioni private che non registrano audience. Ok gli infortuni, passi la stanchezza, ma che senza Dybala la Roma non riesca a fare gol inizia a essere un caso da psichiatria.
In the box - @augustociardi75