26/10/2022 15:15
LR24 (AUGUSTO CIARDI) - Il cammino in Europa League può proseguire, e ci mancherebbe considerando il girone del primo turno. La posizione in classifica in Serie A non è oscena, per quanto persista il malumore figlio della sconfitta di domenica sera. La fase difensiva, salvo rare amnesie, funziona, al netto di errori individuali, tipo quelli di Udine. Quindi? Quindi manca all'appello una fase, quella offensiva. Che passa attraverso la manovra di un centrocampo che paga dazio all'assenza di Wijnaldum e al rodaggio di Pellegrini in fase di raccordo tutt'altro che completato.
Mourinho domenica ha parlato delle mezze occasioni, che poi diventano occasioni piene grazie alle giocate dei singoli. E allora parliamo anche dei singoli della Roma. In attacco. Gli offensivi. Come stanno? Cosa gli sta capitando? Quanto incide la manovra a volte farraginosa e quanto invece gli aspetti mentali influiscono sui numeri di una prima linea che ha realizzato gli stessi gol dell'attacco del Lecce (Strefezza, Di Francesco, Banda, Colombo e Ceassy ne hanno fatti 8, come Dybala, Abraham, Zaniolo, Belotti, Pellegrini, Shomurodov ed El Shaarawy. Una bestemmia)? Esentiamo dallo screening Dybala, Cinque gol e giocate da fuoriclasse. Partiamo da Abraham. Un meraviglioso anarchico. Visto da fuori sembra questo. Un purosangue che sa accendere squadra e tifosi, capace di mandare in tilt il sistema difensivo avversario all'improvviso. Un attaccante dai gol pesanti, che anche nella passata stagione è partito col motore diesel. Più della passata stagione viene sostituito in corsa perché, pure al netto dello stop di Dybala, Mourinho ha più soluzioni a disposizione. Abraham è oggi meno fomentatore, come l'anno scorso può azzeccare la super giocata ma anche sbagliare lo stop più elementare. A oggi sembra difficile aspettarsi da lui il movimento che smarca il compagno di reparto, sia che giochi con Belotti sia che agisca in avanti con Zaniolo. Dei tre, Belotti è il più disciplinato tatticamente ma pure quello meno dotato. Però se gioca in coppia con un'altra prima punta, per quanto di movimento, le corse, gli allunghi e i tagli devono essere coordinati e calcolati al millesimo di secondo e al centimetro, e troppo spesso con gli esterni che avanzano i due numeri nove si ritrovano a correre verso la stessa porzione di campo, non dettando linee comode di passaggio e non portando via l'uomo per consentire ai portatori palla di avenzare con lo spazio per concludere, con la conseguenza ulteriore che, a eccezione del gol su rigore di Pellegrini, i centrocampisti e gli esterni della Roma non hanno mai fatto gol. Se poi il partner di Abraham o di Belotti è Zaniolo, inizia un'altra partita. Quella che Zaniolo gioca a parte. Il match col gol, la sfida che imbastisce per tornare a segnare. I numeri in campionato per lui iniziano a essere impietosi. Dall'agosto del 2021, 2 gol, l'ultimo a fine gennaio scorso. Per tacere dell'astinenza all'Olimpico che sta per compiere il mesto terzo anno. Non può più essere una questione fisica. Zaniolo gioca regolarmente da quattordici mesi. Il problema, visto da fuori, risiede dentro. Dentro di lui. Diventano virali i bei gol segnati in allenamento, quando la testa è sgombera, quando un arbitro immaginario non fischia l'inizio di una partita a parte, da cui troppo spesso esce sconfitto. Il gol come ossessione, per uno che avrebbe i mezzi per campare di rendita con gli assist. Zaniolo riceve palla sul centrodestra e parte, va a sfidare difensori, corpi, leggi della fisica, della balistica, portieri. Primo input, cercare il tiro, quasi da ogni posizione, anche se il compagno nel frattempo necessiterebbe soltanto di un passaggio comodo per appoggiare in rete.
Un problema, che poi diventa comune per tutti gli attaccanti della Roma. Perché sempre visti da fuori la sensazione è che il primo pensiero sarà il gol, il loro gol, poi semmai arriverà il pensiero per l'assist. Vale per Zaniolo, vale per Abraham, vale pure per Pellegrini, che di assist è diventato esperto, ma soprattutto da calcio piazzato. Una squadra pratica come la Roma deve saper capitalizzare. Quando le mezze occasioni da gol diventano occasioni, si concludono spesso con scelletatezza. Quando si fermano allo stato di mezze occasioni, il più delle volte è per colpa di scelte sbagliate negli ultimi venti metri. Sempre perché la testa prevale sulla logica, ma in negativo. Per la maledetta ossessione da gol che li attanaglia. Nel dubbio tra la bontà degli schemi offensivi e le capacità balistiche degli attaccanti della Roma, sono valide tutte le opinioni, il dato di fatto insindacabile porta invece all'urgenza di un'ottimizzazione delle risorse che diventa necessaria. Perché immaginate se alla quasi impeccabile prova difensiva con il Napoli si fosse abbinata una mortifera fase realizzativa. Oggi vedremmo una classifica ancora più bella. Invece la Roma contro il Napoli non ha fatto lo straccio di un tiro in porta e ciò non è interpretabile. È un dato di fatto. Da cancellare con altrettanti dati. I gol. La Roma non segna quanto dovrebbe. Che si sbloccherà possiamo giurarlo. Urge capire quando.
In the box - @augustociardi75