06/05/2023 10:14
LR24 (AUGUSTO CIARDI) - Da mercoledì alle undici di sera, il calcio giocato della Roma ha lasciato spazio a José Mourinho. Perché Mourinho stesso ha deciso di cambiare la sceneggiatura del finale di stagione. Ha riscritto la scaletta. Via i riflettori dalla squadra che ha fatto due punti su nove contro Atalanta, Milan e Monza. Primo piano, inquadratura stretta, su di lui.
Chiffi come pretesto, la reazione di molte "grandi" firme come conseguenza. Forcaiole, con la bava alla bocca, hanno invocato sognanti un procedimento della giustizia sportiva contro l'allenatore giallorosso, per poi finalmente, dopo anni, potersi godere un'erezione dignitosa dopo l'annuncio del deferimento. Al rogo! Se ne vada! Non si permetta! Al coro si è unito pure il presidente dell'associazione allenatori. Più giornate di squalifica che partite vinte.
José Mourinho con la sua ombra toglie agli altri persino la luce riflessa. Gli nega la fotosintesi. Pure le pulci hanno la tosse e allora prendono parola anche allenatori che puzzano di latte per scagliare l'ennesima pietra, scandalizzati come educande sul set di un porno dove va in scena un'orgia multirazziale. Poveri inconsapevoli complici.
Troppo complicato per le menti semplici capire che, oltre alla classica arrabbiatura mourinhana post partita non vinta, l'intento era quello di alleggerire una squadra gravata dal peso dei guai muscolari, della stanchezza, dell'assenza di brillantezza. Fino a metà stagione il bastone, poi la carota. Il manuale di José Mourinho prevede stimolazioni e strali infuocati quando capisce che la terapia d'urto può portare frutti, e poi mette in scaletta il compattamento finale, il tutti per uno che sarebbe lui e, di conseguenza, la Roma. Quando i suoi ragazzi boccheggiano, zoppicano, balbettano, diventa lui stesso una riserva di ossigeno, una stampella, un oratore. Lo scudo spaziale.
Vallo a spiegare agli avvocati difensori di Chiffi che vaticinavano e speravano che vedesse Roma-Inter dal bagagliaio di un minivan parcheggiato a piazza Mazzini. Tempo perso. D'altronde, senza di lui negli ultimi ventiquattro mesi si sarebbero dovuti inventare i mostri per partorire titoli a nove colonne accattivanti. Altro che le frasi sparate a cazzo da Cassano nelle web tv, altro che le discussioni stimolanti sulla costruzione dal basso con i giovani allenatori vestiti di tutto punto coi panta a sigaretta e le camicie inamidate.
I media nazionali dovrebbero sperare che la Roma e Mourinho vadano avanti insieme per altri dieci anni. E invece siamo al momento più complicato del biennio. Ma non era difficile immaginarlo da almeno sei mesi. Purtroppo per i molti, quasi tutti, ci si fermava al primo strato. Maledetta pigrizia. Non siamo ai titoli di coda, sia chiaro, almeno non ancora, pure se all'orizzonte ci sono nuvole poco rassicuranti, qualcuna viene spinta dal vento parigino. Vediamo se diventerà bufera.
Però, ora, quello che conta è la coda. Senza titoli. Di giornale, of course. Perché la coda col titolo è il suo unico pensiero. Stupendo. Il suo chiodo fisso. E per fissarlo al muro offre notorietà a Chiffi, si toglie fastidiosi sassolini lanciandoli sulle vetrate dell'ufficio di Dan Friedkin. Insomma, José Mourinho fa José Mourinho. Fagocita attenzioni, indirizza discussioni, dà voce a personaggi in perenne cerca di autore. Che ci cascano con tutte le scarpe. Perché ora la cosa importante è che la sua squadra sia fuori dai radar. Che i fucili siano puntati su di lui. E che di Roma-Bayer si parli il minimo indispensabile, idem di Roma-Inter. Ah, perché? c'è Roma-Bayer?
In the box- @augustociardi75