26/09/2023 09:49
LR24 (AUGUSTO CIARDI) - A oggi non esistono appuntamenti e tantomeno trattative per rinnovare il contratto in scadenza il prossimo 30 giugno. Fino a ieri, mai Roma e Mourinho si sono ritrovati per cercare bozze di intesa o quantomeno con la volontà di estendere la durata dell'accordo. Se Mourinho rinnovasse con la Roma, batterebbe il suo record di permanenza senza interruzioni sulla stessa panchina. Mai è stato allenatore della stessa squadra per più di tre stagioni consecutive. Ma, a oggi, esiste la possibilità concreta e fisiologica che la Roma in panchina nel 2024-25 abbia un altro allenatore. Proviamo a immaginarla. Perché il dibattito su Mourinho mai come in questa alba della terza stagione è aperto. Se l'ascendente del tecnico ha fatto presa su Roma, consentendogli di avere un amore e una fedeltà quasi incondizionati dalla piazza, se in orbita mass media locali ha ottenuto ampi consensi, per quanto soprattutto nelle ultime settimane si sentono scricchiolii, sul territorio nazionale ha spaccato l'opinione pubblica, e siccome gli allenatori dividono più dei politici, fino quasi a fare scoppiare guerre di religione, chi gli è ostile (pure molte penne che all'epoca dell'Inter erano dispensatrici di corsivi adoranti, le famose penne rigate), mena forte, e persino quando la Roma vince viene sottolineato che la vittoria è casuale, figlia di un calcio antiquato, superato dalla modernità del pornografico giochismo. Una fissazione senza cura. Ma torniamo a ipotizzare che Mourinho e la Roma si separino a fine stagione. Nessuna tragedia, ci mancherebbe. Nessun gesto estremo. Chi vi scrive al massimo si infliggerebbe le pene previste da una specie di legge del contrappasso, ritirandosi in Tibet per cercare il Monaco che invocava il portoghese quasi quindici anni fa, rispondendo a modo suo al vecchio dirigente del Catania. Bando alle ciance. Via Mourinho. Dentro chi? I suoi osteggiatori più famelici verrebbero ricoverati per una forma acuta di priapismo se fosse annunciato De Zerbi. Ma De Zerbi da uomo intelligente e tecnico molto bravo, in ascesa strameritata, non ci pensa neanche a tornare in Italia, ha "bucato" in Inghilterra, potrebbe ambire a breve al City se lasciasse Guardiola, all'Arsenal per il dopo Arteta, al Liverpool per il post Klopp o allo United se ten Haag si facesse da parte. Quindi? E quindi Conte. Che magari stavolta non sfrutterebbe il corteggiamento della Roma per fare accelerare l'Inter a spendere per lui. Conte alla Roma. Signor allenatore, ci mancherebbe. Ma chi gli starebbe dietro? Perché, ipotesi senza prove di chi scrive, se a Trigoria qualcuno o più di qualcuno soffre il portoghese, con Conte rischierebbe l'esaurimento nervoso. Ma senza dubbio sarebbe una scelta di livello. Poi? Ci sono ottimi allenatori che non saranno mai sponsorizzati abbastanza dalla stampa figlia del calcio radical chic. Tipo Emery. Il collezionista di coppe. Forse costruisce poco dal basso, perché nelle classifiche dei super manager il suo nome non appare mai. Perché non è visionario. Ha il difetto di essere concreto. Non parla di percorsi, forse non ha studiato abbastanza i testi sullo stile di vita di Bielsa o sulla salida lavolpiana. Probabilmente non legge neanche Coelho e non conosce il significato della parola resilienza. Quindi? L'ingaggio di un tecnico in ascesa? A Bologna sta facendo bene e sta crescendo Thiago Motta, una specie di predestinato. Nato dall'unione fra Gasperini, Mourinho e il Paris Saint-Germain, se ha saputo "rubare" qualcosa si suoi genitori, è prossimo al salto di qualità. Italiano? Bravo, ma Roma agli allenatori fa il test simpatia. Ossia, a meno che non si tratti di fenomeni della panchina, c'è il rischio grosso di essere bollati come inadatti. Perché per parte della piazza, anche giornalistica, scegliere un allenatore è come decidere se andare a vedere l'ultimo film di Verdone. Il tecnico deve risultare familiare, accomodante, possibilmente simpatico? Mai austero e poco disponibile. Ecco perché a queste latitudini non attecchirebbe mai Gasperini. Perché, per quanto bravissimo, starebbe sul cazzo ai giudici di qualità del circo mediatico. Del circo. Quindi? Da Conte a Italiano, da Emery a Thiago Motta, la Roma contemporaneamente al nuovo tecnico, se Mourinho non rinnovasse, dovrebbe annunciare un frontman, un dirigente che sostituisca Mourinho stesso. Ma come? Un dirigente oltre a un allenatore per sostituire un allenatore? Sì, perché già oggi, col portoghese in sella, sarebbe utile aggiungere un posto a tavola nel board. Figuriamoci se Mourinho salutasse. E poi? Se la Roma cambiasse corso, dovrebbe cambiare programmi tecnici. Per ragioni varie. Il nuovo allenatore sarebbe il quinto a disporre di Karsdorp, Cristante e Pellegrini, il terzo a lavorare con Mancini e Smalling. Insomma, a disporre di pregi e difetti del gruppo storico della Roma. Pregi europei, per calciatori protagonisti di una Roma scintillante. Difetti italiani, perché negli ultimi anni la Serie A è stata spesso un calvario. La Roma avrebbe bisogno di una rivoluzione tecnica, ma a Roma si parla solo di tattica. Il club con il nuovo allenatore dovrebbe continuare a fare cassa, ma i calciatori vendibili nella Roma sono sempre meno. Perché i più forti sono in là con gli anni, quelli di valore medio guadagnano cifre da top player, e non è detto che in ogni stagione spuntino giovani da lanciare e sacrificare. O allenatori che, come Mourinho, anche per emergenze siano in grado di imporli. Da un po' di tempo i dirigenti della Roma stanno facendo i conti con un'abitudine tutta italiana, quella dei voltafaccia. Mai fidarsi dei complimenti e delle smancerie mediatiche. Le fregature sono sempre dietro l'angolo. Meglio fare i conti con un leale nemico che ritrovarsi in mezzo al fuoco del presunto amico. Perché senza Mourinho, è vero che verrebbero meno gli articoli caramellosi che attribuiscono ogni merito all'allenatore (un po' mi fischiano le orecchie...), ma è altrettanto sicuro che dopo le sconfitte non si dibatterebbe soltanto sui demeriti dello stesso, come accade ora. Quindi servirebbero due spalle così grosse per dirigenti e calciatori che oggi godono dell'ombra di Mourinho. E poi, in conclusione, la Roma è pronta per dare vita al famoso progetto sostenibile? Fatto di scouting, di trading dei calciatori, di abilità nel vendere e sagacia nel comprare gente con cui provare a vincere ma anche sopravvivere tramite cessioni? Perché la sensazione è che nella primavera del 2021 si bussò alla porta di Mourinho non soltanto per il prestigio dello stesso, ma anche perché si cercava la scorciatoia per l'Eden sapendo che all'epoca il club non aveva ancora una struttura adeguata per intraprendere percorsi à la page. Oggi c'è quella struttura? O sarebbe ancora il caso di provare a continuare con chi ha unito la gente, riempito lo stadio, attirato attenzione, condotto a due finali, per quanto pure lui, ovvio, possa fare di più per la Roma che gioca la Serie A? Vale la pena rinunciare a uno così? Al fulmine e al parafulmine? A chi giova cambiare?
In the box - Augusto Ciardi