13/02/2024 13:36
LR24 (AUGUSTO CIARDI) - Mentre parte della piazza romanista continua a giocare una noiosissima partita che non porta punti, ossia la partita virtuale sull'ex allenatore, i match da tre punti li sta giocando dalla panchina Daniele De Rossi, che indiscutibilmente propone principi nuovi che stanno già mostrando frutti, ma allo stesso tempo certificano una condizione che, proiettandoci verso la prossima stagione con, si spera, De Rossi in panchina, non può più essere sottovalutata.
La vera grande priorità del dirigente prossimo all'insediamento. Nella rosa giallorossa ci sono troppi calciatori con poca personalità e scarsa autonomia. Che rischiano ogni volta di giocare due partite in una. Hellas e Inter hanno avuto lo stesso copione. Roma brillante ed efficace nei primi quarantacinque minuti. Molle, passiva e non reattiva nella ripresa. E se contro l'Inter si è notata in modo evidente la crescita, figlia delle idee calcistiche del neo allenatore, perché è facile giocare bene contro i veneti, ma complicatissimo mettere sotto i prossimi campioni d'Italia, allo stesso tempo va detto che nel secondo tempo se il Verona davanti avesse avuto un attaccante più efficace, la vittoria giallorossa sarebbe stata molto più in discussione. Gli schemi offensivi di De Rossi sono una manna per questo gruppo di calciatori, bellocci e leggeri, e ora anche meglio coordinati tatticamente in fase di spinta. Il problema per la Roma nasce quando la palla ce l'hanno gli avversari che cercano di affondare. Perché la Roma ha buoni calciatori che però insieme compongono una rosa costruita coi piedi, perché le lacune strutturali possono essere negate soltanto da chi con cieca fedeltà si lega ai dirigenti che operano sul mercato. E Roma è famosa non soltanto per essere capitale mondiale delle sette degli allenatori, ma anche per i pellegrinaggi ai santuari dei direttori sportivi. Santificati, idolatrati, narrati manco fossero dei mecenati filantropi.
Assemblaggio lacunoso che fa coppia coi limiti fisici di alcuni elementi che non riescono più a dare continuità di rendimento accettabile, che dopo un tempo col piede schiacciato sull'acceleratore, vanno in panne nella seconda parte dei match. Insomma, nella porzione di gara in cui la Roma ha gamba, e ora anche una notevole varietà di soluzioni offensive, può fare male a chiunque. Ma appena la squadra va in debito di ossigeno e in difetto di personalità, rischia di diventare ostaggio di chiunque. Storture di una rosa che andranno cancellate dal prossimo dirigente operativo. Perché la Roma che ieri in Lega ha delegato Inter, Milan e Juventus vanamente impegnate nel tentativo di ridurre a diciotto il numero di squadre in A, non può delegare nessuno sul mercato, a bordo campo accanto al tecnico durante gli allenamenti e nei colloqui con agenti di calciatori e mediatori. Serve la presenza fisica di un dirigente operativo, che conosca bene la materia. Serve qualcuno che non si faccia incantare da calciatori capaci di sparire per mesi, in campo e in infermeria, per poi ripresentarsi belli e pimpanti quando però la frittata è quasi cotta, perfetti rappresentanti di una discontinuità che, dal 2018, a prescindere da chi siede in panchina, relega la Roma nelle zone meno nobili della classifica di Serie A.
Alla corsa al quarto posto la Roma è regolarmente iscritta, e Daniele De Rossi ha portato nuova linfa. Un giorno forse, magari accadesse, diventerà un mago della panchina. Per adesso oltre a dirigere le partite della Roma da novanta minuti ne inizia altre che partoriranno i risultati nei prossimi mesi. E proprio per questo, oggi e nei prossimi mesi, dovrà essere supportato e ascoltato da un club che al momento è più inquadrabile per linea politica che per progetto tecnico. In questo progetto tecnico che deve avere i contorni ben definiti, è stato inserito De Rossi, che dovrà essere il pilota quantomeno per il 2024-25. Serve continuità e operatività. A supporto delle idee dell'allenatore.
In the box - @augustociardi75