27/05/2024 10:30
LR24 (AUGUSTO CIARDI) - La sicurezza del posto fisso. Sì, il sesto. Ancora una volta. La Roma timbra di nuovo il cartellino, anche quest'anno, pur avendo cambiato in corsa caporeparto. Gli allenatori, per scuotere ma anche un po' per giustificare, seguono tutti lo stesso percorso. All'inizio tutto rose e fiori. Squadra-famiglia, tre Pellegrini, unione, Tammy, Mancio, siamo forti, c'è empatia. Poi piano piano iniziano a evidenziare lacune, a parlare di cosa fare in futuro, e di cosa non fare più. Finalmente ora tutti vanno dietro a De Rossi.
Quando a parlare di esigenze per il futuro era Mourinho, si diceva che fosse sempre il solito stronzo che pensava solo a farsi rinnovare il contratto. E intanto, mentre si combattono le banali guerre per gli allenatori, per i dirigenti, per gli addetti stampa, per gli uffici che traslocano (solo qua diventa un argomento di discussione il trasloco degli uffici del club) la squadra continua ad arrivare sesta. Una tassa da pagare. Quando passa il 63? A fine maggio, non salta una corsa. Certosina, maniacale nel ripetersi.
Stagioni copia-incolla. Stessi piazzamenti, stessi punti in classifica, stesso numero di vittorie pareggi e sconfitte. Stesso copione. Laddove non è riuscito Mourinho, speriamo riesca De Rossi. Prima di loro, Fonseca è stato considerato un povero scemo, preso per i fondelli in quanto troppo elegante, forse per qualcuno funzionerebbe di più un allenatore vestito da maranza. Poi si scopre che Fonseca non è così accio come si descriveva, fa bene in Francia, lo punta il Milan. Peccato che qua era solo, attorniato dal nulla. Perché quando fu preso, Big Jim Pallotta era già scappato, i dirigenti erano troppo impegnati nel tirarsi veleno tra loro, sperando in un posto al sole, per ricollocarsi anche con la nuova proprietà (poi, una volta mandati a casa, svuotavano, e svuotano, camion di letame sul modus operandi del club) a tutto pensavano fuorché alla squadra. Che aveva già iniziato ad arrivare sesta.
Ora tocca a De Rossi e a Ghisolfi. Ripartire dalla cessione del sesto. Ossia, la cessione del calciatore tipo della Roma: contratto pluriennale, ingaggio da top player della Serie A, limiti conclamati che non sono una colpa ma un dato di fatto. Sesti posti a ripetizione. Una manciata di partite di alto livello, grossi contributi nelle coppe europee, periodi medio lunghi di apatia calcistica non derivanti da scarsa volontà ma dai limiti, appunto. Perché se dopo tre, quattro, cinque, sei anni stiamo ancora a discutere su quale sia il livello di calciatori di cui conosciamo pregi, difetti, vita, morte, miracoli e lacune, il problema rimane nostro.
Gli errori dei dirigenti degli ultimi anni hanno messo la Roma nella condizione peggiore: provare a cedere gente che in Italia, a fronte dei sesti posti, guadagna come se finisse tutti gli anni sul podio. Si spera nelle scadenze, nonostante ci sia sempre qualcuno pronto a esclamare che un altro anno di Spinazzola potrebbe fare comodo. È una patologia, è la sindrome di Stoccolma. Ma d'altronde siamo abitudinari, subiamo il fascino del chilometro zero. Ciò che è forestiero ci intimorisce, figuriamoci immaginare di votarci a calciatori che conosciamo poco.
Dei dirigenti poi, meglio non parlarne. Conte al Napoli vorrebbe Oriali, un'eccellenza. Anni fa provai a dire che sarebbe stato l'ideale per la Roma. Venni deriso. Perché non è romano, non conosce la piazza, e che ci devi fare con uno così, visto che poi nella Roma ci sono già grandi dirigenti? Traduzione? È del nord, non si riuscirebbe con lui a stabilire un rapporto diretto per ottenere dritte sulla Roma. D'altronde prendiamo per il culo Marotta perché "che ce vòle a vince' a Torino e a Milano". Vogliamo dirigenti da circolo per poterli frequentare, difendiamo calciatori per potere poi rinfacciare le nostre teorie a chi si permette di criticarli. Tanto l'occasione per gonfiare il petto arriva, perché ai suddetti calciatori basterà fare un paio di gol o una manciata di recuperi astuzia e còre per tornare al centro dell'attenzione. Chi se ne frega se poi torneranno nell'apatia da sesto posto.
Siamo figli di Hornby. C'è sempre una prossima stagione. Da ricominciare sempre con gli stessi. Perché cedere il sesto è utopia. Ci prova Ghisolfi, col contributo di De Rossi, sotto l'egida della Souloukou. Impegnativo. Ma necessario provarci. E necessario per loro sarà avere il tempo per provarci. Invece, sono già stati investiti dall'onda su cui soffia il solito venticello maleodorante. Si avanzano dubbi sulla CEO, già si accusa il direttore sportivo di non conoscere il nostro calcio. Siamo presuntuosi. E abbiamo la memoria corta. Perché abbiamo già dimenticato che negli ultimi due lustri, dietro le scrivanie della Roma, non si sono alternati degli Einstein. Anzi.
In the box - @augustociardi75