24/08/2024 11:12
LR24 (AUGUSTO CIARDI) - Lodevole ribadire che la Roma viene prima di tutto e di tutti. Che è sopravvissuta ai grandi addii, da Di Bartolomei a Falcao, da Ancelotti a Pruzzo e Conti, da Totti a De Rossi a Mourinho. E che sarebbe sopravvissuta anche all'addio di Dybala. Intento lodevole, ma ovvio. Ci aggrappiamo ai feticci. Non c'è soluzione. I tifosi di Juventus, Inter e Milan forse non ricordano le formazioni titolari del tredicesimo o del diciottesimo scudetto, talmente tanti ne hanno vinti. Noi conosciamo morbosamente le radici degli eroi del millenovecentoquarantadue, ci ricordiamo di Claudio Valigi che nella stagione del secondo scudetto era il vice Falcao e che Oddileone prese il posto di Michele Nappi, difensore di riserva nell'anno del tricolore. Non siamo dei cuccioli da salvare o dei personaggi in cerca di autore. Siamo ciò che sono le tifoserie delle squadre che hanno vinto poco. I laziali piangono di commozione davanti alla squadra che si salvò dalla C poco dopo la metà degli anni ottanta dopo un triangolare crudele con Taranto e Campobasso. I napoletani si gonfiano il petto quando raccontano gli aneddoti su Peppiniello Bruscolotti, eroe indigeno che all'alba del primo storico scudetto era al tramonto della sua romantica carriera. I fiorentini a distanza di quasi quarant'anni continuano a sfornare retroscena sulla cessione di Roby Baggio da parte dei Pontello, all'epoca proprietari del club viola.
Come biasimarli? Come fare autocritica? Il calcio, che sfugge alle regole di gestione emotiva tipica delle altre discipline, riempie le giornate di chi lo ama. Non potrà mai essere ridotto al rango dell'agonismo della contesa, è stile di vita, è il vestito che indossiamo perché faccia pendant con la nostra indole. E laddove non si vince, ci si vota la feticismo. Gli altri, quelli a livelli superiori, con automatismi svizzeri vanno avanti, match dopo match, trofeo dopo trofeo, a noi piace quasi più commentare la partita e i suoi contorni piuttosto che vederla giocare. E spesso i suoi contorni rubano la scena all'attualità. Sappiamo tutto della moglie di Dzeko, di Ilary e di Oriana, perché attanagliati dal morbo, sappiamo quanto incidano sul futuro dei calciatori le decisioni o i capricci delle consorti. Ci aggrappiamo ai supereroi al punto da chiederci come mai la Marvel e le altre case di produzioni cinematografiche invece di proporre uomini torcia, di gomma o coi mantelli volanti, non peschino dal calcio i protagonisti dei loro film. Ne troverebbero a bizzeffe. Soprattutto dove in bacheca si infilano calciatori e allenatori al posto delle coppe. Perché in piazze come Roma sarà sempre alto il rischio di accogliere calciatori e allenatori che sono più importanti del club stesso. Inutile arrabbiarsi. Fa parte del gioco. Altrove capita molto meno.
Nella storia della Juventus, soltanto Cristiano Ronaldo ha fatto ombra al nome del club, laddove non ci erano riusciti Sivori, Platini, Del Piero e Zidane. E con Cristiano Ronaldo non è finita benissimo. A Roma anche il tifoso coi più grossi problemi da risolvere dentro casa, guardando il reel di Dybala su Instagram si è sciolto in lacrime per la felicità inattesa. Perché fino a un secondo prima gli stavano spegnendo il sogno. Poi torna la razionalità, e anche chi è andato a celebrare sotto casa Paulo e Oriana, oggi torna ad avere dubbi sull'integrità fisica dell'attaccante. Ma il calcio non ammette calcoli, quelli spettano alle società. Il tifoso fra il dubbio sul piazzamento stagionale onorevole da raggiungere tramite una squadra funzionale, e la permanenza del calciatore feticcio a rischio cessione, sceglierà sempre l'oggi, il sogno a occhi aperti, il campione a cui aggrapparsi. Anche se due ore prima aveva svuotato armadietto e bacheca. Non serve neanche raccontare i dettagli dei fatti accaduti. Un sogno è un sogno. Il feticismo è il mezzo per provare piacere. È un culto.
In the box - @augustociardi75