Pellegrini e Cristante verso la top ten tra equivoci e fischi

30/09/2024 10:41

LR24 (AUGUSTO CIARDI) - La colpa di Cristante e Pellegrini è andare in campo senza segreti. Che poi dovrebbe essere il loro lasciapassare, la trasparenza calcistica. Buoni calciatori. Pellegrini quando è nel periodo giusto, sa anche servire assist e fare gol. Cristante si trasforma in Costante, quello a cui non rinuncia (spesso, negli anni, per assenza di competitor) nessun allenatore della Roma. Poi però, proprio perché non hanno segreti, ti ricordi dei loro limiti. Cristante che per addomesticare il pallone impiega un paio di tocchi in più rispetto ai metronomi illuminati. Pellegrini che sparisce dalla contesa e quando riappare calcia, cadendo, palloni che a malapena arrivano nell'area piccola. Pregi e difetti di calciatori leggibili e prevedibili come se giocassero a poker con le carte tenute in mano al contrario, mostrandole ai rivali.

Libri aperti. Come potrebbe non esserlo? Stanno qua da una vita. 288 presenze complessive per Pellegrini. 287 per Cristante. Subito dopo la sosta entrambi sorpasseranno Candela nella classifica all time, che ha chiuso a 289. Entro Natale staranno sopra a Taddei, Fulvio Bernardini e Delvecchio, il brasiliano a 296, gli altri due a 300. A fine stagione è facilmente prevedibile che si saranno messi alle spalle Di Bartolomei (314), Pruzzo e Panucci (315). A quel punto, nella classifica all time delle presenze della Roma, avranno davanti soltanto 12 calciatori. Perrotta (325), Tommasi (351), Masetti (363), Tancredi (389), Nela (396), Conti (402), Aldair (436), Giannini (437), Santarini (439), Losi (455), De Rossi (616), Totti (785). Insomma, se fino al termine dei rispettivi contratti continuassero a giocare con la regolarità che gli riconoscono tutti i tecnici della Roma che li hanno allenati, a fine carriera in giallorosso potrebbero duellare per fare parte della top ten, scalzando Guido Masetti, mitico portiere del primo scudetto romanista.

Entrambi stanno vivendo il momento di massima impopolarità. Una corposa fetta di tifosi allo stadio li fischia. All'annuncio delle formazioni, quando entrano in possesso palla. Se sbagliano una giocata. Quando vengono sostituiti. Sui social, chi prova a prendere le loro parti, viene persino insultato. Un rapporto logoro per due senatori. Il terzo, Mancini, perché spesso quando si parla di loro idealmente si nomina pure il difensore, allo stadio gode di un credito nettamente superiore. Anche perché dei tre è quello che più incarna lo spirito idealizzato dai tifosi. Da qualche settimana in città c'è un dibattito aperto sui fischi che li travolgono quasi in ogni occasione. A chi dice che semmai i fischi devono partire a fine match, risponde chi afferma di non poterne più di quei due, e che tolgono spazio a gente più fresca, con più gamba e più spirito. Sempre più spesso di loro si parla per questioni extra campo. Dall'esonero di Mourinho, con tanto di aneddotica sulla restituzione dell'anello, con Pellegrini che in quel caso fu "usato" da chi non sopportava il portoghese e lo elesse a capo ribellione dello spogliatoio che sarebbe rinato con De Rossi. Ruolo extra campo, artatamente costruito sulla mezzala, che gli ha portato solo rogne. Perché, da quel momento, ancora più di prima, nell'immaginario collettivo lui è uno di quelli che ordisce congiure. E perché sempre artatamente si è creata per lui un'aspettativa sul rendimento non rispettabile nei fatti, perché quelli che all'epoca dicevano che la Roma era una squadra forte alla quale De Rossi aveva dato un'identità, descrissero Pellegrini come un mix fra Zidane e Iniesta. Giochini mediatici facilmente sgamabili. Pellegrini e Cristante, sempre loro, sempre in campo, sempre più fischiati. La loro colpa sta nei limiti. Ma può essere una colpa avere limiti?

In the box - @augustociardi75